mercoledì 18 agosto 2021

Meglio Un Giorno Da Antifragile Che Cento Da Resiliente

 



Tre ragazze sono in scena. Stanno improvvisando delle scene partendo da frammenti di copione che sono stati dati loro a inizio spettacolo. Hanno costumi di scena che caratterizzano i personaggi e i tagli delle luci rendono la scena "teatrale". Armeggiano con una valigia, vera, il cui contenuto dovrebbe dare una svolta alla scena. Ma la valigia si inceppa. La Realtà è entrata prepotente in scena e sta dettando le sue regole.
Le tre non si scompongono, armeggiano un poco e dopo pochi secondi la valigia si apre e la scena può proseguire.

Altro spettacolo, questa volta è un musical. All'inizio dello spettacolo gli attori hanno chiesto dove si svolgerà l'azione ed è stata scelta una discoteca. Trattandosi di un musical luci, musiche e balli spadroneggiano. Il momento è drammatico: il vecchio barman, anima della discoteca, ha deciso di andarsene perché la Direzione non ha rispetto per le sue richieste di avere qualche giorno di riposo e il resto del personale sta decidendo cosa fare. Dalle quinte entra in scena uno spacciatore. Il pubblico ride - che discoteca è senza uno spacciatore, no? - nessuno se lo fuma e quindi lo spacciatore esce. Lo rivedremo solo nel balletto finale.

Altro spettacolo, un uomo tiene due ragazze in ostaggio. Le luci di taglio ci fanno capire che in questa scena non dobbiamo aspettarci l'intervento delle Teste Di Cuoio per liberare gli ostaggi, ma un sacco di dialoghi e di introspezione.
La scena prosegue con dei tempi che pare un film commissionato dalla CIA a Theo Angelopoulos per fare parlare i detenuti di Guantanamo senza finire sotto inchiesta di Amnesty International. Tra la domanda di uno e la risposta dell'altro nei fondali marini si deposita un millimetro di quello che diventerà un calcare a foraminiferi. Mentre i miei testicoli stanno contattando il loro avvocato per inviarmi una diffida, l'attore che sta tenendo in ostaggio le due ragazze (e tutti noi) si getta a terra. Il palcoscenico fa da cassa di risonanza e ne esce un tonfo fortissimo che fa sussultare tutti, attrici e tecnico luci compresi. Subito segue un applauso che altro non è che una reazione istintiva e liberatoria allo spavento: tutti ci eravamo assopiti. Per un attimo spero che grazie a quella reazione inaspettata i tempi teatrali passino almeno da Lo Sguardo Di Ulisse di Angelopoulos al Solaris di Tarkovskij, ma ogni speranza è vana: nessuno in scena sfrutta quella improvvisa e inaspettata reazione per dare una svolta alla scena e la noia riprende fino a un termine che non arriverà mai abbastanza presto.


L'Antifragilità è un concetto coniato da Nassim Nicholas Taleb e definisce un sistema che quando riceve un urto diventa più resistente. Questo concetto si affianca a quello di Resilienza, che definisce la capacità di un sistema di modificare il proprio funzionamento dopo aver subito un danno e di continuare ad operare.

Quello di Resilienza è un concetto che ha cominciato a diventare di moda all'inizio del nuovo millennio e ora è addirittura entrato nel titolo che il Governo ha dato ai suoi interventi, facendoci capire che ormai non può essere abusato ulteriormente.

Un esempio di Resilienza può essere l'inserimento di una ridondanza nei sistemi di sicurezza di una centrale nucleare: se uno dovesse guastarsi ce n'è un altro pronto ad operare al suo posto. Il sistema si riconfigura per continuare ad operare. Un esempio meno prosaico può essere la chiusura di un ufficio o dipartimento di un ente o azienda e la ridistribuzione dei compiti tra gli uffici rimasti: il sistema si è riconfigurato per continuare a funzionare. 

L'Antifragilità è più recente, visto che Taleb lo introduce solo nel 2012. Per capire cosa sia questa Antifragilità basta pensare al Titanic: quel disastro ha salvato più vite umane di quante ne abbia mietute, perché grazie a quel disastro si sono introdotte nella navigazione norme di sicurezza e procedure standard di soccorso prima ignote; un esempio su tutti? Avere più posti sulle scialuppe di salvataggio di quante persone ci siano a bordo; può sembrare banale, ma fino ad allora non era previsto che ci dovessero essere posti per tutti.
Altro esempio di sistema antifragile è il trasporto aereo: ogni disastro viene studiato nei minimi dettagli e i risultati condivisi, così che si possa impedire al disastro di ripetersi una seconda volta. Questo approccio ha fatto sì che partendo da delle carrette volanti in meno di un secolo l'aereo sia il mezzo di trasporto più sicuro.

La Resilienza ha trovato nell'improvvisazione teatrale un habitat favorevole dove diffondersi e prosperare, al punto che l'improvvisazione viene spesso portata come esempio di Resilienza. Chi fa improvvisazione è infatti formato a mandare avanti le scene nonostante imprevisti, errori, fraintendimenti grazie alla formazione ricevuta che gli permette di gestire quell'incertezza.
Peccato che se si gratta la superfice questa Resilienza, per chi fa improvvisazione, sia come il vaiolo per gli Indiani d'America: quelli che non vengono sterminati finiscono soggiogati.

I tre esempi che ho portato in apertura sono esempi di Resilienza nell'improvvisazione: le scene sono andate avanti nonostante oggetti di scena che non funzionavano a dovere, entrate a sorpresa, rumori forti inaspettati, ma non ne sono uscite rinforzate. Quegli imprevisti non sono stati usati per rendere la scena migliore (qualunque significato si dia al termine "migliore").

Ho descritto solo tre casi, ma ne potrei portare a decine e chiunque, fermandosi un attimo a riflettere, può aggiungerne altri.

Era Improvvisazione questa, oppure quando parliamo di Improvvisazione intendiamo cose diverse?
Quelle attrici e quegli attori erano veramente presenti su quel palco o stavano mettendo in scena qualcosa di già scritto da qualche parte nelle loro teste?

Quello che penso è che i corsi di improvvisazione prendano persone che sono nel sistema Fragile, le portino nell'Antifragilità per poi prendersi paura e spostarle nel Resiliente.

Le persone che vengono alla prima lezione sono terrorizzate, lo sappiamo. Terrorizzate e affascinate. L'Improvvisazione le affascina quanto basta per superare la paura che impedisce loro di attraversare la soglia dell'aula, ma poi il terrore resta e siamo noi docenti a guidarli in quel volo planato che è l'improvvisazione. Insegniamo loro a lanciarsi senza rete, poi li portiamo a fare surf con la tavola della loro creatività sull'onda del loro terrore, mostrando loro che l'onda può travolgerli, ma non sconfiggerli. Che col solo accettare e rilanciare, valorizzando così le proposte dei nostri compagni, si possono creare mondi. E mettete a tacere il vostro giudice interiore, cribbio!

Poi all'improvviso la musica cambia e quell'insegnante che sembrava Robin Williams ne L'Attimo Fuggente diventa la Signorina Rottenmeier di Heidi e assieme alle caprette anche un po' di compagni di corso ti fanno ciao.

Noi facciamo Teatro, mica cazzi, e allora per fare Teatro devi imparare a costruire una storia, devi imparare la Drammaturgia (e poco conta se di Drammaturgia il tuo insegnante non ci ha capito nulla, lui è L'INSEGNANTE e tu sei nata paperina che cosa ci vuoi far?).
Devi imparare che ci sono Shakespeare, Pirandello, Beckett, Molière più un sacco di loro amici. E che c'è pure gente che si è studiata stronzate come i famigerati Games per sapere in ogni istante cosa fare per tirarne fuori il meglio. C'è chi ti dice che non devi ridere in scena, che non puoi entrare a cazzo per vedere cosa succede, che il pubblico vuole vedere una storia e che c'è quella boiata che è il Viaggio Dell'Eroe.
Che devi fare bene.

E mi raccomando: divertiamoci. 

La libertà, il sense of wonder delle prime lezioni di lezioni, quella propensione a rischiare se ne sono andate e al loro posto sono arrivate la Tecnica e le strategie per fare delle belle scene.

Che le scene degli inizi fossero sporche, ma vere, non interessa a nessuno, improvvisare adesso è diventato un esercizio di calligrafia: non è importante ciò che scrivi, ma che tu lo scriva bene.

Citando, volutamente a sproposito, il Chaplin de Il Grande Dittatore: "abbiamo i mezzi per spaziare, ma ci siamo chiusi in noi stessi. La macchina dell'abbondanza ci ha dato povertà, la scienza ci ha trasformati in cinici, l'abilità ci ha resi duri e cattivi. Pensiamo troppo e sentiamo poco. Più che macchine ci serve umanità, più che abilità ci serve bontà e gentilezza".  
 


Dice Keith Johnstone che il palcoscenico è un luogo che mette paura e per affrontarlo possiamo o ispessire la corazza o rimuovere la paura.

Ispessire la corazza è lavorare sulla Resilienza, rimuovere la Paura è lavorare sull'Antifragilità.

Negli esempi che ho portato in apertura non si può fare una colpa alle attrici e agli attori per non avere colto ciò che accadeva e non averlo sfruttato per aprire le improvvisazioni a scenari inattesi. Se anni di formazione e dottrina dell'improvvisazione t'insegnano che improvvisare è scrivere la storia che da A ti porterà a B, l'imprevisto è un dosso rallentatore lungo la strada che da A ti porta a B. E se quando prendi il dosso finisci fuori strada e spacchi il semiasse la colpa è sempre la tua che stavi al volante, mai di chi non ti ha insegnato che puoi proseguire a piedi ed esplorare i dintorni per scoprire cose nuove. 

- Ma allora, Paolo, stai dicendo che posso entrare a cazzo in scena e fare quello che mi pare?

No, sto dicendo che se non ti viene permesso di entrare in scena a cazzo tu non imparerai mai a non farlo e i tuoi compagni non impareranno mai a sfruttare le tue entrate a cazzo per aprire porte inaspettate verso mondi a sorpresa. Ogni volta o verrai ignorato o le scene deraglieranno, perché la vostra preparazione non è orientata a darvi quegli strumenti che vi mettono in condizione di scoprire ogni volta quanto veramente sia profonda la tana del Bianconiglio, ma a farvi fare scene belle esteticamente, con personaggi belli e che raccontano storie belle delle quali - però - non frega niente a nessuno.
Il primo anno si facevano un sacco di begli esercizi sul pensiero divergente, peccato poi che dopo la pausa estiva l'allievo scopre che improvvisare è conformarsi.

L'"entrata a cazzo" di un attore pone chi è in scena davanti a una scelta.
  • Può essere Fragile, balbettare qualcosa mentre la scena naufraga per poi andare in un angolo a piangere e arrabbiarsi con il compagno brutto e cattivo che ha rovinato la scena che era tanto bella.
  • Può essere Resiliente e fare proseguire la scena facendo finta che quell'entrata non ci sia mai stata o normalizzarla all'interno della storia che si stava già raccontando (maledicendo silenziosamente il nostro compagno per la sua entrata).
  • Oppure può essere Antifragile e fare ciò che l'Improvvisazione promette di fare e mantiene poco: valorizzare il compagno, fare quel Sì E... di cui ci riempiamo la bocca, usare la nostra Creatività e vedere cosa accadrà. Probabilmente ci schianteremo, ma lo faremo col sorriso sulle labbra e rideremo con quello che è entrato a portarci quel momento di piacevole delirio. E visto che non siamo stati a rimuginare e rosicare, avremo avuto anche l'opportunità di imparare qualcosa da quella scena.

La tragedia dell'Improvvisazione Teatrale è proprio questa: se è vero che anche il tizio che suona al campanello per vendervi Lotta Comunista è in grado di dirvi perché una scena è andata male, sono pochi quelli che sono in grado di dirvi perché una scena sia andata bene.
Questo perché per farlo bisogna liberarsi di tutte le sovrastrutture che nascondono l'Improvvisazione, altrimenti si guarda a quelle e non al nocciolo di ciò che è accaduto in scena.

Focalizzandosi invece su ciò che va male si vanno solo a coprire i punti deboli della corazza, perdendo di vista chi sta dentro quell'armatura.

l'Improvvisazione "Resiliente" se ne sbatte di chi sta dentro la corazza: quella è standard e si sa che funziona, se con te ci sono dei problemi, la colpa è tua perché "con tutti gli altri funziona". E poco importa se dentro quella fila di armature lucenti ci sta una sfilza di persone terrorizzate: quelli che cadono evidentemente non erano tagliati per l'Improvvisazione.

L'Improvvisazione "Antifragile" invece, parte da chi deve andare sul palco, sforzandosi di metterlo in condizione di farsi apprezzare per la sua unicità invece che per quanto riesce a conformarsi. Ciascun improvvisatore deve mettere da parte il proprio ego e la propria voglia di fare bene a favore del valorizzare i compagni, dello stare nel momento e dell'essere in grado di fare prendere alla scena svolte inaspettate, solo perché si sa che non può essere ignorato quello che sta accadendo in quel momento.
Fare questo è faticoso, a volte doloroso. Si tratta di fallire, imparare la lezione e ritentare, sapendo che ogni scena presenterà un problema che non si è preparati ad affrontare. Si tratta di mettere gli improvvisatori in condizione di andare in scena senza musiche e con un piazzato bianco perché apprendano concetti profondi che li renderanno inarrestabili una volta che accederanno a spettacoli con luci e musiche. Si tratta di vedere l'improvvisazione come un Processo e non come una Performance (ehi, guarda chi si rivede!); un Processo è qualcosa che si migliora ogni volta, una Performance la si cristallizza una volta ottenuto il risultato voluto.

L'Antifragilità ci permette di vedere dei momenti di Verità, magari con la barba non fatta e le mani sporche di grasso, direttamente dalla corteccia prefontale degli improvvisatori al loro  pubblico.
La Resilienza invece ci fa vedere l'eleganza vuota, la messa in scena di un già visto. La spettacolarità di un concerto dei Pink Floyd senza però i Pink Floyd a suonare.

Sia chiaro: nessuno è obbligato a sposare l'Antifragilità. Ma onestà vuole che quando la Resilienza dei propri allievi non basta si dica loro: "Scusatemi, non siete voi che non siete capaci, ma sono io che vi ho mandato in scena con un'armatura di cartone dicendovi che era una chobham."

Pink Floyd a Venezia.
Io c'ero.


P.S. - leggendo il testo si può avere l'impressione che io detesti i tagli di luce. è vero, li detesto. Solo gli improvvisatori più antifragili dovrebbero poter avere accesso a queste luci. I tagli sono come la panna in cucina: sono pochi i piatti che ne hanno veramente bisogno, solitamente la si usa per coprire la scarsa qualità degli ingredienti o che il piatto è venuto una schifezza.

Il minimo sindacale

  Quando iniziai a scrivere qui mi ripromisi che avrei scritto soltanto se avessi avuto qualcosa di intelligente da dire e non per generare ...