lunedì 8 giugno 2020

Insegnare l'Improvvisazione Teatrale Parte 2 - Insegnanti cui dare fuoco


Come ho scritto in precedenza, una volta dicevo in apertura di corsi e lezioni “Fate quello che dico, non fate quello che faccio”: se tutti coloro che vogliono insegnare l'Improvvisazione applicassero il mio principio l'ambiente migliorerebbe in pochi giorni.

Nel mio mondo ci sono tre tipi di sedicenti insegnanti di improvvisazione da evitare:

1. Quelli che pensano che l’Improvvisazione non la si possa insegnare perché sapere improvvisare è un talento innato.

Penso che all’Inferno ci sia una bolgia dedicata a questi insegnanti.


Virgilio indica a Dante un insegnante di improvvisazione appena arrivato
Se improvvisare è un talento innato allora questi cosa insegnerebbero? Perché dovrei andare proprio da loro e non da uno che passa per la strada? Se improvvisare “è fare con ciò che ha” allora la supposta mancanza di talento dell’allievo è una delle cose da cui l’insegnante deve partire per cominciare a insegnare.


Pensate a quanta supponenza ci deve essere in una persona che ritiene di essere l’Eletto in grado di giudicare chi ha talento e chi no: chi pensa che improvvisare sia questione di talento sta solo riconoscendo la propria incapacità di insegnante. La realtà è che costoro sono solo degli infelici, che nascondono la propria incapacità dietro una posizione di rendita che dà loro uno stipendio, uno status, un potere e probabilmente allieve giovani da sedurre con l’alone del Maestro.

Tra l'altro Viola Spolin, proprio in apertura del suo fondamentale testo Improvisation For The Theater, scrive: 

"Dobbiamo riconsiderare cosa si intende per "talento". È altamente possibile che ciò che viene chiamato comportamento talentuoso sia semplicemente una maggiore capacità dell'individuo di fare esperienze. Da questo punto di vista è nell'incrementare la capacità dell'individuo di fare esperienze che la  potenzialità di una personalità mai mostrata prima può essere evocata." 

E questi fenomeni, invece, vogliono insegnare solo a chi ne avrebbe minore bisogno!


2. Quelli che non vogliono condividere gli esercizi.

Premessa: è giusto non appropriarsi del lavoro altrui spacciandolo per proprio, se uno ha dedicato tempo ed energia a una cosa è corretto riconoscergli tali tempo ed energie, quindi quando usate un esercizio che sapete avere preso da un altro insegnante riconoscetegli al paternità (o maternità) dell’esercizio.

Detto questo rimane un punto cruciale: se io utilizzo un esercizio di un altro insegnante, riconoscendone la proprietà, cosa ruberei? Quando chiamo un insegnante io pago gli esercizi che mi fa fare e basta? Oppure pago la lettura che quel docente fa dell’esercizio, il feedback che mi dà?

Ogni docente attinge dalle sue esperienze, dalla sua visione delle cose e del mondo ed è quella che si paga quando si paga un insegnante. L’esercizio è il tramite, il canale attraverso il quale il docente stimola l’allievo, ma viene da sé che a parità di esercizio quello che varia sono le esperienze e la visione del docente.

Questo passaggio è cruciale per decidere con chi continuare a parlare quando si parla di insegnare, perché è la differenza tra la stele con su scritto il Codice di Hammurabi e un Docente. E io voglio parlare coi docenti, fosse solo perché una stele ha una gamma limitata di risposte. Se il Docente è l'esercizio che fa fare ai suoi studenti e non la persona che estrapola un insegnamento da quell'esercizio allora tanto vale che dia agli allievi un foglio con gli esercizi da fare e che se ne vada al bar mentre li eseguono, per poi tornare, prendere i soldi della lezione e tornarsene a casa.

È l'Individuo che deve essere al servizio della legge, guai a fare il contrario! 


Questo approccio è svilente nei confronti dell'essere docente, ma anche dell'essere allievo perché presuppone che non ci sia differenza tra i discenti oltre a quella più sveglio e meno sveglio. Insegnare è un mero processo meccanico: per raggiungere un determinato obiettivo faccio fare un certo esercizio e se l'allievo non raggiunge l'obbiettivo amen,perché il mio esercizio è perfetto per raggiungere quell'obbiettivo e se l'allievo non ci arriva, mica è colpa mia perché l'esercizio funziona. In questa visione di cosa sia insegnare, non sono i docenti che devono osservare cosa emerge dall'esercizio per indurre una riflessione agli allievi, ma sono questi ultimi che devono adattarsi a ciò per cui l'esercizio è stato predisposto. 

Quindi un insegnante che dice “io gli esercizi non li condivido perché non voglio che me li rubino” è da evitare come la peste, perché magari sarà un ottimo astronauta, ma di cosa sia insegnare non ha capito niente. 


3. Quelli che usano il verbo dovere: “dovevi fare questo”, “dovevi dire quest’altro”. 

Qui è facile: costoro sono degli imbecilli convinti che la loro visione del mondo sia l’unica e per questo castrano allievi come se non ci fosse un domani. Sia chiaro che nell’improvvisazione il verbo dovere non può esistere: stiamo creando universi con quello che abbiamo a disposizione, non c’è nulla che dobbiamo lasciare intentato. Se un insegnante dice all'allievo che in una scena doveva dire o fare qualcosa, ciò si traduce in "io in scena volevo che accadesse questo e visto che non è accaduto quello che io desideravo allora qualsiasi cosa tu abbia fatto perde di valore pedagogico, perché ciò che conta qui è quello che dico io". Il dire che un allievo avrebbe dovuto fare una determinata cosa in scena vuole dire vuole dire che la visione dell'insegnante ha più valore di quella dell'allievo. Una cosa è dire "dovevi fare questo", altra cosa "avresti potuto fare questo" oppure "se tu avessi fatto questo allora magari sarebbe potuto accadere quest'altro". Quando s'insegna la forma è sostanza e le parole hanno un peso; usare "dovere" vuole dire implicitamente indirizzare gli allievi verso una visione dove c'è un'idea giusta e una sbagliata e che le idee sbagliate vanno censurate.

Gli orbitali: quando la Fisica è passata dalle certezze alle probabilità

L'improvvisazione è il mondo dove il possibile può venire attuato, ma per fare ciò bisogna abolire il concetto che una cosa debba essere fatta nella maniera che il docente vuole. Un insegnante che non ha chiaro questo concetto non vuole insegnare a improvvisare, vogliono creare dei cloni di sé stesso e magari si irrita pure perché gli allievi sono, invece, individui con propri sogni, visioni ed esperienze che da questo creano i loro mondi. Per gli insegnanti che non hanno capito questo c’è un’ottima carriera da burocrati che possono fare, ma per favore non fateli insegnare.


Se il vostro insegnante ricade in una di queste categorie abbandonate il suo corso: questa gente deve prima morire di fame e solitudine per comprendere che insegnare improvvisazione non è la loro strada. So che è difficile, che il rapporto Docente-Discente è particolare, che c’è dell’affetto e tutto il resto, ma lasciatelo comunque, come lascereste un partner che abusa di voi: pensate sia affetto, invece è solo egoismo. Non ci sarà nulla di buono per voi alla fine dell’arcobaleno: se vi va bene diventerete gente ignobile come lui, se vi va male vi sentirete delle nullità nella vostra vita.

Lasciatelo nella sua miseria. 

Sono consapevole della durezza di questo post, ma deve essere chiaro che quando si insegna improvvisazione si ha a che fare con delle persone, non con dei vasi di argilla. E con persone che, anche se adulte, hanno con noi un rapporto asimmetrico (il rapporto docente-discente e sempre asimmetrico) e verso le quali noi docenti abbiamo delle responsabilità.

Noi chiediamo alle nostre allieve e ai nostri allievi di esporre le proprie fragilità e vulnerabilità e dobbiamo prenderci cura di ciò che queste persone mettono in gioco. Non possiamo permettere che il nostro ruolo, prevarichi in nome di una qualche visione distorta dell'Arte. Il nostro compito è permettere agli allievi di andare là dove il ghiaccio è sottile, dare loro gli strumenti affinché possano spingersi sempre più là ed essere al loro fianco, pronti a recuperarli se il ghiaccio dovesse rompersi e per fare questo la nostra preoccupazione deve essere rivolta verso di loro, non verso il nostro ego. 

Se un docente non è in grado di proteggere i propri allievi da se stesso allora deve trovarsi un altro mestiere dove non nuocere.


1 commento:

  1. Ciao Paolo, grazie per lo spunto. Il tuo post mi ha ispirato questo: https://ilcosu.wordpress.com/2020/06/16/insegnanti-di-improvvisazione-che-sposerei-allistante/

    RispondiElimina

Il minimo sindacale

  Quando iniziai a scrivere qui mi ripromisi che avrei scritto soltanto se avessi avuto qualcosa di intelligente da dire e non per generare ...