giovedì 18 giugno 2020

Processo e Performance - Parte 1



L’Improvvisazione teatrale è attraversata da varie polarità, una l’abbiamo vista qui, la più importante delle quali penso sia quella Processo – Performance.
Solitamente il Processo è la parte dove si va a creare una Performance: i mesi di prove, i bozzetti, gli sketch, i ciak scartati, tutta quella roba lì insomma. La Performance è invece il momento dove il risultato del Processo viene presentato al pubblico e dove si possono verificare e misurare i risultati del Processo.

In un post precedente ho scritto di come l’Improvvisazione sia "fare con ciò che si ha" e questo comporti il fatto che sia anche "stare nel momento", in virtù di questo non posso separare in maniera così netta Processo e Performance: nell’improvvisazione Processo e Performance sono la stessa cosa. Gli spettatori di un'improvvisazione assistono al Processo di creazione di una performance e questo è la Performance stessa.

La Performance di una scena o di un esercizio di improvvisazione è il Processo che porta a quella stessa Performance.

Questo è un po' come la natura ondulatoria-particellare della luce che tanto ha fatto impazzire i fisici un secolo fa: se valutiamo la Performance di una improvvisazione possiamo arrivare a conclusioni che ignorano il Processo in atto, ma se ne osserviamo il Processo allora la Performance scompare. Quindi come approcciarsi all'improvvisazione teatrale? Come muoverci all'interno di questa polarità?

"...vi dirò che anche i miei studenti di fisica non capiscono queste cose. E non le capiscono perché non le capisco nemmeno io. Il fatto è che non le capisce nessuno." R. Feynman

Questo dualismo attraversa vari aspetti dell'improvvisazione, cambiando forma a seconda del contesto, impattando sulla comprensione della stessa in maniera drammatica.

Qui ne presento alcuni aspetti, tra i più macroscopici.

A CHI MI RIVOLGO QUANDO IMPROVVISO?

Quando valuto una scena improvvisata o uno spettacolo di improvvisazione ho la responsabilità di trovare un equilibrio tra la Performance e il Processo, tra il ciò che è stato fatto e il come è stato fatto. Quanto gli attori mi hanno sorpreso e divertito? Quanto mi hanno coinvolto? Quanto erano dentro quello che stavano facendo? Quanto erano connessi tra loro e con il pubblico? Quanto mi hanno riproposto qualcosa che sapevano già che avrebbe funzionato e quanto si sono lasciati sorprendere da ciò che essi stessi creavano?

La polarità Processo-Performance dipende dal soggetto a cui mi rivolgo quando improvviso: se penso che sia il pubblico ad apprezzare maggiormente il mio lavoro allora sarò impegnato maggiormente nella Performance, se invece penso di rivolgermi a altri professionisti sono nel Processo.

I termini "pubblico" e "professionisti" sono da intendersi nella maniera più estesa possibile: il pubblico non è per forza quello del teatro, possono anche essere i miei stessi compagni di scena; alla stessa maniera non ho bisogno di avere realmente altri professionisti a guardarmi. Intendete queste due categorie come una sorta di spettatori ideali cui ci si rivolge.

Questa partizione  non riguarda la qualità del risultato, ma il significato più profondo del perché lo faccio. Chiaramente ci saranno gli spettatori a guardare la mia improvvisazione, ma è il loro plauso quello che cerco? Se il pubblico non apprezza quanto facciamo come ci aspettavamo chi sbaglia, noi o loro? Giudicare un'improvvisazione da quanto il pubblico l'ha gradita è un metro corretto di valutazione? 

Dalla mia esperienza posso dire che è possibile avere Performance ottime con un Processo scadente poiché ogni improvvisatore ha la sua "valigia degli attrezzi" con la quale portare a casa il risultato. Non è vero, però, il contrario: se il Processo è buono lo sarà anche la Performance.


Chi voglio che apprezzi il mio lavoro, lo Spettatore o il Professionista?


TECNICHE PERFORMATIVE

Visto che parliamo di improvvisazione teatrale, questo implica che non è possibile prescindere in toto dall'aspetto performativo di ciò che stiamo facendo. Chi fa improvvisazione teatrale non può non avere un corretto utilizzo della tecnica teatrale: bisogna che la sua voce arrivi agli spettatori, che si abbia almeno una conoscenza di base dello stare in scena e una consapevolezza del proprio corpo scenico. Ma questi aspetti tecnici rientrano nella Performance o nel Processo?

Il mio pensiero è che entrambi siano intrinsechi all'improvvisazione teatrale e che acquistino due valenze differenti a seconda che parliamo di Performance o Processo.

È chiaro che farsi sentire quando si parla, sapere padroneggiare lo spazio scenico e sapere usare bene il corpo impatta enormemente nella Performance. Di improvvisatori che quando vanno in scena e parlano non si sentono per niente, ne faremmo volentieri a meno, mentre quelli che padroneggiano le tecniche teatrali sono un piacere da seguireè altrettanto vero, però, che se l'improvvisazione è "fare con ciò che si ha", più cose si hanno a disposizione e più cose si possono fare, quindi l'insegnamento delle tecnica teatrale non riguarda solo l'aspetto tecnico della Performance, ma impatta anche sul Processo stesso.

Infatti, cosa scatenerà nell'allievo quella tecnica appena acquisita? Quali porte aprirà nella sua creatività? Non è possibile pensare che l'imparare a usare la voce, per fare un esempio, si limiti solamente al farsi sentire meglio dal pubblico: l'acquisizione di tale strumento renderà possibili cose nuove, prima precluse all'allievo. Queste cose, a loro volta, avranno un certo impatto nei suoi processi creativi e gli daranno la possibilità di ulteriori scoperte, allargando così il raggio d'azione della sua creatività. 

In genere il docente considera insegnare una tecnica teatrale, come ad esempio l'utilizzo corretto della voce, una questione meramente tecnica, propedeutica agli insegnamenti successivi, un po' come per un insegnante di musica insegnare al proprio allievo ad usare tutte le dita per suonare il pianoforte.

Ciò è sicuramente vero, ma c'è dell'altro: per l'allievo di improvvisazione teatrale apprendere l'uso della voce è più simile ad avere a disposizione una tastiera più ampia e con più ottave, sempre per continuare con la metafora del musicista; un qualcosa che offre opportunità e connessioni prima precluse. Secondo questo ragionamento, lavorare su tecniche che noi siamo abituati a concepire come prettamente "teatrali" o tecniche di palco, porterà benefici soprattutto al Processo dell'improvvisazione. Perciò l'insegnante che pensa di lavorare per migliorare la Performance, in realtà sta intervenendo anche sul Processo.

Questi benefici sono indipendenti da ciò che l'insegnante può controllare e verificare, ma è fondamentale essere consapevoli dell'esistenza di tali processi.

Ma il discorso Processo-Performance non finisce qui...

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