lunedì 22 marzo 2021

I Simpatici Ragazzi dell'Improvvisazione




La realtà è quella cosa che quando smetti di crederci non svanisce.
(Philip K. Dick)

Leggendo le presentazioni dei corsi d'improvvisazione teatrale delle varie scuole ne vedo molte che affermano cose come "l'improvvisazione teatrale insegna a lavorare con gli altri", "l'improvvisazione aumenta la sicurezza in sé e l'autostima", "L'improvvisazione aiuta a vincere la timidezza", "l'improvvisazione teatrale migliora l'ascolto", "l'improvvisazione migliora le capacità di problem solving" eccetera.
Allo stesso modo i workshop di improvvisazione promettono risultati mirabolanti: "In questo workshop imparerai questa cosa", "in quest'altro workshop gli allievi impareranno quest'altra cosa" e così via. Anche oggi che la didattica viene fatta quasi tutta online, non conta il mezzo, semplicemente "Segui questo workshop e imparerai a..."

Bene, come facciamo a dire che tutto questo è vero?

Se oggi si presentasse qualcuno uno dicendoci "Sapete, cari improvvisatori, che io non ci credo a quello che voi dite e vi sfido a dimostrarlo", noi che risponderemmo?
"Vieni ai nostri corsi a testare di persona"?
Wow, gran bella riposta.

Se qualcuno affermasse "Io non credo che voi sblocchiate veramente la creatività, io credo che voi convinciate le persone che si iscrivono ai vostri corsi che sbloccate la loro creatività, ma che alla fine le vostre affermazioni hanno lo stesso valore di quelle di Paolo Fox per il 2020", oltre ad accopparlo e farne sparire il cadavere, quali alternative avremmo?

O ancora: "Voi non insegnate un bel niente: avete fissato delle vostre regole arbitrarie e avete stabilito che chi vi paga per seguirle allora sa improvvisare e chi non lo fa, no". Che gli rispondiamo?

Su quali basi possiamo affermare che l'Improvvisazione Teatrale sviluppa determinate soft skill e la cristalloterapia no?

E su quali basi posso affermare che il mio workshop sul trovare il proprio spleen e usarlo in scena per connettermi agli altri attori funziona veramente?
Sono veramente capace di insegnare i personaggi tipici della Sagra del Sapone di Calalamandula agli allievi del mio laboratorio come scritto nella presentazione del workshop? Oppure sono solo i soliti tre allievi più svegli ad imparare mentre gli altri dodici rimangono fermi al palo?
Quell'insegnante famosissimo è veramente capace di trasmettere il suo sapere oppure è semplicemente popolare perché fa sentire bene gli allievi, senza però insegnare loro nulla?

Detta in altre parole: come faccio ad essere certo della bontà delle cose che affermo sull'improvvisazione, dei suoi benefici effetti e di come la insegno?

Lui è Aristotele. Il fatto che tutti avessero fede nel modello cosmogonico
 da lui avallato come reale non lo ha reso meno falso di quanto non fosse.

Ad oggi gli improvvisatori vivono in un mondo fatto in massima parte di Fede: ci sono stati tre guru che ci hanno lasciato il loro Testamento (Spolin, Johstone e Del Close), ci sono i loro Apostoli, i loro Discepoli e i Fedeli.

E quando ci si muove nel terreno della Fede, allora la visione del mondo si distorce. Buona parte delle discussioni tra noi improvvisatori sono noiose e inconcludenti, quando non fastidiose, perché non si basano su dati reali, ma su ciò che ci piace sentirci dire.

Quello dell'improvvisazione è un mondo dove valgono due principi: l'ipse dixit e la cerchia degli amichetti.

Ogni volta che in una discussione si cita ciò che un altro insegnante ha detto a supporto delle proprie tesi mi sale lo sconforto. Quel docente può anche essere stato l'allievo prediletto di Aristotele, ma se mi insegna che il Sole gira attorno alla Terra mi sta insegnando una stupidaggine.
E in quanti siamo andati a verificare se il Sole gira veramente attorno alla Terra, come affermato da quel docente?
O le nostre divergenze sono semplicemente figlie delle differenti modalità con cui, secondo noi, il Sole girerebbe attorno alla Terra?

A questo punto la ragione va non più a chi argomenta, ma a chi è più simpatico e riesce così a portare più amichetti come supporto nella sua discussione.
Non conta più il dato empirico ma conta quanti amichetti mi danno ragione quando affermo che tu, che porti il dato empirico, non sei titolato a fare affermazioni sull'improvvisazione.

Perché in un mondo che si regge sulla Fede il sapere è sempre iniziatico.
E non c'è autorevolezza per chi non è un iniziato, a prescindere dai titoli che questo può avere al di fuori del circolo degli iniziati.

Con questo non sto dicendo che ciò che insegniamo sia falso, ma che non possiamo essere certi neppure che sia vero e perciò dovremmo essere più prudenti nelle nostre affermazioni.

Magari quella persona che sbeffeggiamo e mettiamo in minoranza potrebbe invece stare facendo un'affermazione corretta.

Lo stesso discorso vale per i workshop che proponiamo e che accettiamo di ospitare nelle nostre rassegne: i presupposti "scientifici" di ciò che insegnano sono reali oppure a noi solo piacerebbe che lo fossero? E come faccio a sapere che  veramente quell'insegnante sia stato in grado di trasmettere quei concetti e che i partecipanti non li abbiamo imparati a prescindere da quel workshop? Mi sono mai preoccupato di verificare che gli allievi di quel workshop abbiano veramente appreso qualcosa?

Attenzione, non sto parlando del gradimento di un lavoro, ma della valutazione. La simpatia, l'affabilità, la profondità di un insegnante e ciò che alla fine si apprende dalle sue lezioni sono due cose distinte. Il fatto che una persona sia brava sul palco non implica per forza che sia anche brava a insegnare ciò che fa.
Se non vi preoccupate di verificare in maniera univoca e ripetibile cosa gli allievi imparano dai workshop vostri e degli insegnanti che ospitate, state vendendo aria fritta.
Magari è fritta con l'olio migliore e in padelle speciali, ma sempre aria fritta rimane.

Nulla vi vieta di vendere aria fritta. Nulla vi vieta di proporre rassegne di workshop che vendono aria fritta. Nulla vi vieta di iscriversi a workshop che vendono aria fritta.

Ma se lo fate inconsapevolmente siete degli sprovveduti. 

Questo a prescindere da quanti workshop o festival dell'aria fritta abbiate nel vostro curriculum o da quanti amichetti venditori di aria fritta come voi si schierino al vostro fianco nelle discussioni sull'improvvisazione.

Lui è Galileo.
Quello che vi suggerisco di fare trae spunto dal suo pensiero.


In realtà qualcosa di scientifico sull'improvvisazione c'è.
Per esempio il Tedx di Charles Limb e qualche altro articolo scientifico ma la ricerca scientifica per ciò che riguarda l'Improvvisazione Teatrale è abbastanza recente e ancora troppo poco diffusa. Specialmente in Italia, dove si fa prima a darsi di gomito con gli amichetti e sghignazzare che a mettere in discussione seriamente e scientificamente tutta la costruzione della propria realtà.

A mio parere è ora di cominciare a misurare in maniera oggettiva i risultati del proprio lavoro, senza andare a sentimento o a spanne, trovando criteri e strumenti condivisi. Così che le osservazioni di diversi insegnanti sugli stessi gruppi o sugli stessi individui siano tra loro comparabili.

Passo successivo è avere percorsi chiari e condivisi per arrivare a un dato obbiettivo, in maniera da sapere in ogni momento quanto un allievo è vicino a quell'obbiettivo. Se un docente non è in grado di fornirmi questa metrica che io posso replicare, allora è un cioccapiatti. Simpatico finché si vuole, ma assolutamente inaffidabile.

Chiaramente trovare un accordo su cosa valutare e come farlo è un discorso complesso. 
Al momento, che io sappia, lo sta facendo solo Improteatro con la certificazione SNIT. Il sistema non è perfetto e so che non è condiviso da tantissimi insegnanti di improvvisazione, ma per quel che mi riguarda il problema è di chi vuole continuare a vendere aria fritta, non di chi sta provando a non farlo.
Sicuramente anche altri docenti hanno trovato un loro metodo per misurare, verificare e valutare in maniera scientifica il loro lavoro e allora perché non discutere di questi metodi? Perché non mettere in  comune i dati così da cominciare  ad affrontare il problema?

Che non è "chi è il più bravo docente tra di noi", ma "come facciamo ad affermare che quello diciamo essere vero lo sia veramente"?

Fare la gara per essere riconosciuto come il più bravo Creazionista ci non aiuta a capire come funzioni l'Evoluzione, far discutere tra loro scienziati con differenti osservazioni sugli equilibri puntuati sì.

Il rischio è che a forza di andare avanti con questo atteggiamento da "simpatici ragazzi dell'improvvisazione" un giorno arrivi qualche "adulto" - esterno al nostro mondo nel quale ce la cantiamo e ce la suoniamo - a dirci cos'è l'improvvisazione, relegando buona parte di noi al ruolo di venditori di omeopatia.
Ruolo che magari già ricopriamo senza saperlo.

lunedì 8 marzo 2021

Cos'hanno in comune l'Improvvisazione e un combattimento tra caccia supersonici?

 


Ho un debole per le modellizzazioni, lo ammetto; mi permettono di mettere un po' di ordine nella complessità e di comprendere cose che altrimenti non riuscirei a cogliere. Poi talvolta alcuni modelli funzionano talmente bene che possono trovare applicazione anche al di fuori del campo in cui sono nati. 

Inoltre, l'Improvvisazione agisce in un campo così vasto che le possono venire applicati un sacco di modelli nati in altri contesti per farne emergere aspetti che altrimenti andrebbero persi nel marasma generale. Però, proprio a causa della vastità dell'improvvisazione bisogna prestare attenzione al bias di conferma: mi piace così tanto il modello che che vedo solo i casi in cui riflette la situazione che mi interessa ed escludo tutti gli altri.

Ma veniamo al titolo del post: cosa hanno in comune due cose così distanti tra loro come l'Improvvisazione Teatrale e gli aerei da guerra?

Il ciclo OODA.

Il ciclo OODA fu pensato da un pilota statunitense di aerei da caccia, il Colonnello John Boyd, per dare ai piloti uno schema di pensiero razionale in situazioni caotiche o confuse. Il combattimento aereo richiede decisione rapidissime, esitare un secondo di troppo può significare la morte. Un pilota si muove ad altissima velocità, deve evitare i nemici ma allo stesso tempo tenerli tracciati, e contemporaneamente, essere consapevole degli obiettivi, del terreno, del carburante e altre variabili cruciali. Deve affidarsi alla propria creatività, alla propria capacità decisionale e al proprio addestramento; non ci sono mosse prefissate, sequenze da ripetere o quant'altro: c'è solo il momento presente.

Quindi il Colonnello Boyd ci ha consegnato un modello per gestire situazioni caotiche o confuse, nelle quali bisogna prendere decisioni immediate, tenendo sotto controllo quante più variabili possibili, in una situazione mutevole dove è necessario stare focalizzati sul presente. Direi che l'Improvvisazione ricade nella descrizione, no?

Diciamocelo: Top Gun è un film che fa abbastanza schifo.
E ora sta per arrivarci il sequel.  

Ma cos'è questo ciclo OODA?

OODA sta per Osserva, Orientati, Decidi, Agisci. Poi, essendo un ciclo si riparte da capo con Osserva. Secondo Boyd chi riesce a fare il ciclo nel minor tempo vincerà il combattimento. Noi improvvisatori siamo impegnati in un'attività meno letale, perciò possiamo dire che più rapidamente si percorre il ciclo e migliore sarà la scena perché più ricca di varietà di reazioni e microreazioni a ciò che accade.

Andiamo a vedere nel dettaglio le quattro voci.


1. Osserva

Osserva consiste nel farsi un'idea della situazione con la maggiore precisione possibile e per chi fa improvvisazione dovrebbe essere facile, visto il lavoro che si fa sull'ascolto. Boyd va però un passo oltre e in quell'Osserva mette anche la capacità di separare ciò che è rilevante da ciò che non lo è perché mette in conto due elementi:

  • Spesso ciò che osserviamo è imperfetto oppure incompleto.
  • Possiamo venire inondati da troppe informazioni e perciò diventa arduo discernere il segnale dal rumore di fondo.
Che fare? Come gestire quelle scene con una mandria di improvvisatori che si ascoltano poco, si parlano sopra e si agitano come ossessi?
Occorre passare al punto 2.

2. Orientati

Questa parte è quella più delicata. Orientarsi si pone tra ciò che ho osservato e la decisione che prenderò e allo stesso tempo permea anche la maniera con cui osservo, con cui decido e con cui agisco. Orientati decide la natura di questo ciclo e questo ciclo determinerà a sua volta la natura del successivo Orientati.

Cosa significa Orientati?

Significa analizzare le informazioni raccolte e considerare le opzioni disponibili.
Al riguardo c'è questa frase attribuita a Boyd:

"Orientarsi non è solamente uno stato nel quale ci si trova; è un processo. State sempre orientandovi."
 
Chi segue questo blog non può non avere notato la parola magica: processo. Anche chi improvvisa sta sempre orientandosi. E sta orientandosi in un ambiente in costante e continuo mutamento.
Orientarsi nel continuo mutamento potrebbe essere un'interessante definizione di Improvvisazione.

Secondo Boyd per orientarsi nel continuo mutamento in maniera efficace bisogna prima distruggere i vecchi paradigmi e utilizzarne i pezzi per costruire una nuova prospettiva, più calzante con la realtà del momento.
Egli chiama quest'ultimo processo di riduzione dei nostri concetti mentali in parti discrete Distruzione Creativa cui deve seguire una fase di Induzione Creativa, dove quelle parti discrete vengono ricombinate per formare nuovi concetti più aderenti alla realtà che stiamo osservando.

Boyd identifica quattro barriere che devono essere prima abbattute attraverso la Distruzione Creativa e poi ricostruite con l'Induzione Creativa:
  1. I nostri retaggi culturali
  2. la nostra eredità genetica
  3. la nostra abilità di analizzare e sintetizzare
  4. L'ingresso delle nuove informazioni - è duro dare un senso a ciò che si osserva quando la situazione continua a cambiare.
Che se ci pensate un attimo è poi quello che insegna un corso di Improvvisazione Teatrale.

L'Aquila D'Acciaio è un film indegno
 che vidi solo perché la colonna sonora era dei Queen.
Flash Gordon non  mi aveva insegnato niente.

3. Decidi (Ipotesi)

La fase della decisione è abbastanza semplice: si tratta di scegliere una tra le opzioni possibili generate durante la fase di Orientamento.
Interessante è che secondo Boyd non si riuscirà mai a trovare un modello mentale che calzi alla perfezione la Realtà, perché le informazioni saranno sempre incomplete, e anche se riuscissimo ad avere la totalità delle informazioni, la nostra comprensione della realtà sarebbe sempre incompleta perché, come è espresso nel Principio di Indeterminazione di Heisenberg, più precisa diventa l'osservazione di un aspetto della realtà, minore diventerà quella di un altro.
Le decisioni - ci dice Boyd - vengono sempre prese nell'incertezza.

Quindi è inutile che  gli improvvisatori si sforzino di dominare le variabili di una scena, è inutile accusare il compagno per non avere fatto quello che avremmo voluto che facesse, è inutile rammaricarsi perché se avessimo detto o fatto quella cosa, allora la scena sarebbe andata diversamente.
Possiamo solo prendere decisioni nell'incertezza e vedere quel che accade.

Cosa interessante è che a un certo punto Boyd aggiunse nel suo schema, scritto tra parentesi Ipotesi di fianco a Decidi, trasformando le decisioni  ipotesi e le ipotesi, si sa, vanno sempre testate.
E allora, come si può testare la nostra ipotesi?
Se io sto improvvisando una scena e in una frazione di secondo ho già osservato ciò che sta accadendo e selezionato quella che penso possa essere la scelta migliore, come faccio a sapere se davvero lo è?
La risposta è semplice: Agendo.

4. Agisci (Testa)

Agire è mettere alla prova la nostra ipotesi, testarla.
Agisci è composto di due parti: l'azione vera e propria e la valutazione della correttezza o meno dell'ipotesi. Non basta fare, bisogna anche vedere se ciò che ho fatto ha dato l'effetto atteso oppure no.
A questo punto bisogna che osserviamo i risultati delle nostre azioni per poterci orientare e prendere nuove decisioni, ritornando così all'inizio del ciclo e ripartendo.

Alla fine possiamo dire che questo ciclo di Boyd altro non è che un ciclo di apprendimento, anzi meglio: è un modello di apprendimento in una situazione di incertezza. Analizzo le opzioni disponibili, scelgo quella che mi pare la migliore, la provo, osservo i risultati e ricomincio da capo, ogni volta affinando le mie scelte.

E così, anche all'interno del modello OODA acquista valore uno dei concetti base dell'improvvisazione: conta quello che hai fatto o che non hai fatto, non quello che avresti potuto fare.
L'improvvisazione  si impara facendola e osservando ciò che si è fatto, non acquisendo un mero nozionismo.

Però applicare il ciclo di Boyd all'improvvisazione ci porta lontano, meritandosi un futuro articolo tutto suo.

 



PS - L'immagine di copertina viene da questo wargame che tentando di modellizzare il ciclo di Boyd me lo fece conoscere. Dopo più di trent'anni mi sembra giusto dare il dovuto riconoscimento alla fonte d'ispirazione originale.


Il minimo sindacale

  Quando iniziai a scrivere qui mi ripromisi che avrei scritto soltanto se avessi avuto qualcosa di intelligente da dire e non per generare ...