martedì 20 giugno 2023

Il minimo sindacale

 




Quando iniziai a scrivere qui mi ripromisi che avrei scritto soltanto se avessi avuto qualcosa di intelligente da dire e non per generare traffico a caso, quindi se per quasi due anni non ho scritto è stato perché non avevo nulla da dire.

Cosa mi ha svegliato dal letargo, allora?

Nel periodo dove non ho scritto ho, però, sperimentato tanto e osservato ancor di più. 

Ho avuto la fortuna di partecipare a raduni di improvvisazione, a festival internazionali, di assistere a saggi di allievi miei e di insegnanti che conosco a malapena, insomma: ho fatto il mio e ho guardato tanto.

E in questo mio guardare ho trovato due cose che ritengo abbastanza intelligenti da sottolineare e riportare qui. Ce ne sono anche altre, ma preferisco prendermi il tempo di verificarle.

Partiamo dalla prima, la più facile.

Come stabilisco se un docente di improvvisazione ha raggiunto almeno il minimo sindacale nel suo lavoro?

Rispondere a questa domanda è sempre stato un mio cruccio.

Quello dell'improvvisazione è un regno dove chiunque può insegnare e, ahimè, in troppi lo fanno. Non c'è un Albo Professionale o un Esame Di Stato da superare, quindi chiunque abbia partecipato ad un workshop di un fine settimana può insegnare e autoproclamarsi Insegnante d'Improvvisazione.

Però ci sono anche i docenti capaci, quelli che invece hanno riflettuto a lungo su ciò che insegnano, che sono riconosciuti a ragione come bravi insegnanti, non solo perché hanno un sorriso smagliante e hanno saputo inserirsi in un circuito dove gli insegnanti si chiamano a vicenda a tenere dei workshop nelle rispettive scuole (Marcellus Vega in Pulp Fiction usa al riguardo una colorita espressione che qui è meglio non ripetere).



Maggio-Giugno è il periodo dove tutte le scuole di improvvisazione di ogni ordine e grado mettono in scena i saggi di fine corso e, in più, ci sono un sacco di raduni di improvvisazioni molti di questi saggi vengono filmati e distribuiti sul web. Quindi, come distinguere a colpo d'occhio, se il docente di quelli che sono in scena è capace oppure è un cane?

Io, al netto delle varie opinioni su cosa debba essere l'Improvvisazione, col tempo ho imparato ad osservare attentamente attrici e attori fuori scena. Quello, il "fuori scena", è il momento che accomuna tutti: bravi, cani, belli, brutti, alti, bassi, donne, uomini, nord, sud, Adriatico, Tirreno, Ionio, tutti. Una volta entrati in scena emergeranno le diverse visioni, ma prima di entrare in scena siamo tutti uguali. 

Forse.

Penso che guardare come si sta fuori scena permetta una diagnostica precisa su cosa l'insegnante ha veramente trasmesso al gruppo: si può fingere di essere altro da se stessi per un po', ma nell'arco di uno spettacolo è il "non verbale" a mostrare ciò che noi siamo; ciò che veramente proviamo e a rivelare come l'insegnante abbia formato i propri allievi.


Ci sono "Gli Ansiosi", allievi e allieve che fuori scena hanno il fisico  contratto, sono tesi, tirati nei sorrisi. Sono essenzialmente preoccupati della loro performance, del non fare brutta figura, del non mandare "in vacca" lo spettacolo, del non guastare la scena dei compagni. 

Appartengono alla categoria delle allieve ed allievi affidati ad "insegnanti cani", i quali durante le lezioni sono troppo occupati a seguire la propria tabella di marcia per accorgersi dell'ansia che divora i propri allievi. Però sono gli stessi che insegnano le cose fighe, no? 

Tranquilli: se voi siete così divorati dall'ansia, probabilmente la colpa è vostra e "l'improvvisazione non fa per voi". Ho incontrato giusto una decina di giorni fa un paio di (ex)allieve di alcuni miei colleghi che avevano lasciato l'improvvisazione per questo motivo e nei loro confronti fu usata proprio quella formula. A voi lascio immaginare il disagio lasciato da cotanta supponenza da parte dei loro insegnanti.

All'estremo opposto ci sono "I Fighi", allievi con l'aria di chi la sa lunga, quelli che pensano di averne viste così tante che non li sorprende più nulla. Quelli che entreranno in scena solo se possono fare bella figura in compagnia dei loro amici, altrimenti non si macchiano il curriculum. Sono quelli troppo rilassati, quelli che a lezione non sono mai stati spinti fuori dalla propria zona di comfort, quelli troppo simili al loro insegnante perché questi non si accorga che non sono bravi improvvisatori, ma, in fin dei conti, solo dei gran paraculi. Probabilmente proprio come il loro docente.

Poi c'è l'allievo che ha una postura corretta: non è contratto, ma non è neppure molle, è semplicemente pronto. Segue la scena e si vede che potrebbe entrare da un momento all'altro, ma solo se dovesse essercene davvero la necessità. Insomma: è "Il Focalizzato", quello con l'approccio giusto per improvvisare.

Ma prima di queste categorie ce n'è una molto più macroscopica. Quella che fa capire subito se l'insegnante ha lavorato bene oppure no: sono gli allievi che appartengono alla categoria di "Quelli che Parlano tra Loro".

Spesso, guardando attrici e attori fuori scena, mi capita di vederli parlare tra loro per accordarsi su cosa faranno in scena. Questo mi fa capire subito che il loro insegnante ha mancato la cosa più importante durante l'anno/corso/modulo/laboratorio e cioè quello di creare un ambiente sicuro. 

Accordarsi su cosa fare in scena è uno scarico d'ansia, è vivere ciò che si sta facendo come una performance (e sì, lo è, ma leggete qui per sapere come la penso su Processo E Performance), è non avere lavorato abbastanza attentamente per rimuovere la paura del Giudizio. Detta in maniera semplice: è non avere raggiunto l'obbiettivo minimo per potersi definire Insegnante di Improvvisazione (e no, non si deve dare la colpa all'allievo per questa mancanza poiché è l'insegnante ad essere incaricato di quel compito ed è per questo che viene retribuito).

Quindi a me basta guardare cosa succede tra gli attori e le attrici fuori scena per vedere se i loro insegnanti sono stati capaci oppure no. Poi, per carità, saranno ottimi docenti di Recitazione o di Dizione o di Mimo o quant'altro, ma NON di Improvvisazione: se la raccontano e ce la raccontano. Magari se avessi bisogno di qualcuno che insegni - che so - Drammaturgia o Scherma Teatrale li chiamerei, ma sicuramente non per insegnare Improvvisazione Teatrale, perché hanno dimostrato di non aver proprio compreso le basi dell'improvvisazione oppure di non aver dato la dovuta importanza a ciò che è essenziale per improvvisare.

PS: se mi irrita vedere allieve e allievi parlare tra loro durante un saggio, immaginate quanto possa essere irritante per me vederlo fare da attori e attrici professionisti! In questo caso, ciò che mi viene da pensare è che - anche se magari improvvisano insieme da decenni - non abbiano ancora imparato a fidarsi pienamente l'uno dell'altro. O magari non si fidano di loro stessi. O, ancora, si sono dati aspettative troppo alte. Fatto sta che quando vedo professionisti che si mettono d'accordo tra loro su cosa fare in scena, provo un senso di disagio. Forse perché dietro tutti quei sorrisi, quelle risate, quell'energia, vedo della sofferenza. 

E invece vorrei vedere della gioia.


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