giovedì 6 agosto 2020

Sì Ma... per esperti IIIb: Il fallimentare Viaggio Dell'Eroe





Nell'ultimo post abbiamo visto come la distopia del "bisogna raccontare una storia" si sia venuta a creare.

Negli anni successivi questa visione, incentrata sul dover raccontare una storia ad ogni costo, si è radicata ancora più in profondità, anche perché a quell'infarinatura di Drammaturgia, che autorizzava molti a sentirsi semidei, si è sommata un'altra sciagura: Il Viaggio Dell'Eroe.

Questo è il titolo di un libro un libro di Chrisopher Vogler nel quale l'autore ha sviluppato gli studi di Joseph Campbell sul mito, applicandoli allo studio delle sceneggiature cinematografiche e creando così una sorta di guida per aspiranti scrittori e drammaturghi.
In sostanza nel suo libro Vogler identifica sette figure archetipali dei protagonisti di una storia e dodici tappe attraverso le quali si snoda il percorso delle narrazioni di successo da lui esaminate.



Onestà intellettuale impone di citare anche Vladimir Propp, la cui Morfologia Della Fiaba è un libro molto popolare tra gli improvvisatori da ben prima di Vogler, anche perché è stato citato da Rodari nel suo La Grammatica Della Fantasia, uno dei pochi, se non l'unico, libro popolare tra gli improvvisatori italiani del secolo scorso.
Ma Campbell e Propp erano antropologi, non sceneggiatori, perciò i loro studi, per quanto affascinanti, sono difficili da applicare all'improvvisazione in toto. Propp, per esempio, è molto utile per studiare le fiabe, ma le sue trentuno funzioni rendono al confronto le quindici scene dello schema di Matrioska una passeggiata di salute!
Vogler invece è un'altra cosa.
Lui scrive per gli sceneggiatori e Campbell lo conosce talmente bene da esserselo già digerito prima ancora di mettersi davanti alla macchina da scrivere, quindi è l'autore ideale per chi cerca soluzioni facili a problemi complessi.

La Drammaturgia fatta per Obiettivi, Ostacoli e Conflitti, di cui ho parlato la volta scorsa, è assolutamente efficace e permette di ottenere risultati eccellenti, ma ha un grosso difetto: è faticosa.
Chi ha seguito seriamente uno dei corsi di Drammaturgia di cui ho parlato nel post precedente, ricorda ancora lo sgomento portato da una semplice domanda: - "Qual è il tuo obiettivo?
E ricorda anche la fatica di continuare a perseguire quell'Obiettivo, a fronte dei vari Ostacoli, maledicendo i Conflitti col Mondo, con l'Altro e con Sé Stesso.
Tutto questo è faticoso: non più battute ad effetto, non più faccine buffe, non più entrate a sentimento, ma duro lavoro.
Un corso di Drammaturgia fatto come si deve e con la persona giusta estirpa il Sì Ma... dalla testa degli improvvisatori (a patto che questi siano disposti a rinunciare ai loro manierismi e alla loro innata "simpatia", ovviamente).

Invece seguire le dodici tappe di Vogler e dire che così si fa Drammaturgia è molto più facile, rapido e meno faticoso.

E non per colpa di Vogler, sia chiaro: lui ha solo scritto una guida per aiutare gli sceneggiatori, cioè gente che la Drammaturgia se l'è studiata per bene, mica poteva immaginare che gli improvvisatori se ne sarebbero impossessati trovandoci un ottimo pretesto per non improvvisare veramente!

Infatti  Il Viaggio Dell'Eroe permette agli improvvisatori un Sì Ma... elevato all'ennesima potenza.

Questo per vari motivi:

1. Innanzitutto perché fornisce loro una coperta di Linus

Se improvvisare diventa seguire il Viaggio dell'Eroe, allora il focus dell'attore si deve spostare dal reagire onestamente a ciò che accade - sorprendo così il pubblico e sorprendendo sé stesso - al mettere in scena una narrazione preconfezionata. Quest'altro non è che una scusa elegante per non prendersi dei rischi e fare scelte al ribasso. Invece di addentrarsi nella vastità dell'oceano per fare scoperte, come ogni improvvisatore dovrebbe fare, si preferisce navigare sottocosta, pronti a cercare rifugio alla prima nuvola che appare all'orizzonte.



2. Perché gli attori che improvvisano affidandosi al Viaggio dell'Eroe si illudono così di stare improvvisando, in realtà stanno solo "scrivendo" una storia.

La prima conseguenza è che a questo punto gli improvvisatori non sono più "nel momento", ma secondi o addirittura minuti avanti a pianificare - in maniera più o meno consapevole - le proprie azioni.
Il risultato che viene fuori sono scene, quando non interi spettacoli, magari anche con delle narrazioni decenti, ma assolutamente "piatte", incapaci di trasmettere emozioni al pubblico. Esattamente l'opposto di quello che una buona drammaturgia dovrebbe fare.
Si è così passati dall'estremo di fare improvvisazioni nelle quali ognuno entra per fare quello che gli pare al fornire una struttura alla quale attenersi scrupolosamente.
Come disse quel generale americano in Vietnam: "Per salvare la città abbiamo dovuto distruggerla".



3. Perché questo appoggiarsi alle dodici tappe del Viaggio Dell'Eroe porta anche a un cambiamento della natura di ciò che si intende per Improvvisazione Teatrale.

Se l'attore che improvvisa è libero di far reagire onestamente ed autenticamente il suo personaggio a ciò che accade non solo avremo sempre "freschezza" in scena, ma avremo anche una continua varietà di narrazioni  ogni volta differenti tra loro .
Se invece lo si incatena al Viaggio dell'Eroe, allora quello che si otterrà sarà, in fondo, una situazione chiusa della quale esploreremo le limitate possibilità un po' alla volta. Un po' come le Sit-Com, dove protagonisti e ambienti sono definiti fin dalla prima puntata e quello che vediamo è ciò che fanno all'interno di quella gabbia senza possibilità di uscirne.
E infatti le Sit-Com dopo qualche stagione inevitabilmente stancano. 
Più di una volta mi è capitato, assistendo a spettacoli di improvvisazione che preferivano questo "raccontare una storia", di prevedere non solo cosa sarebbe successo nella scena che stavo vedendo, ma anche ciò che sarebbe successo in quella successiva: con buona pace della cosiddetta "imprevedibilità" dell'improvvisazione!



Se si vogliono sperimentare strutture narrative, siano esse il Viaggio dell'Eroe o lo Schema di Propp, si è liberi di farlo, ci mancherebbe. Ma, ancora una volta, non bisogna confondere queste strutture con l'Improvvisazione nel suo complesso.
E sopratutto non bisogna insegnarle come se lo fossero!

Quello Narrativo è solo un filone dell'Improvvisazione, non sta scritto da nessuna parte che l'Improvvisazione debba raccontare una storia.

Questa è solo una convinzione che gli improvvisatori italiani si sono dati ("Il pubblico vuole vedere delle storie!" Ma gliel'avete chiesto? Ah, no? Alla faccia dell'arroganza.) perché bisognosi di fermare la deriva dei battutari e degli istrioni da un lato e di avere qualcosa a cui aggrapparsi dall'altro.
Il Viaggio dell'Eroe è una scorciatoia facile per chi erroneamente pensa che l'Improvvisazione debba raccontare una storia. Inoltre se proprio si vuole raccontare una storia, allora bisogna studiare per riuscire a riempire di vitalità ciò che avviene all'interno delle singole tappe di quel viaggio.

E, per favore, evitate di mettere strutture narrative dentro spettacoli come Harold, che invece appartengono all'altro filone  dell'Improvvisazione Teatrale, quello Tematico.
Oppure, se  proprio non riuscite a fare a meno di metterle, cambiate almeno nome di quello che fate: se tutti i giocatori possono toccare la palla con le mani, non si chiama più Calcio, ma Pallavolo.

Quindi come fare a impedire che le scene sprofondino nel caos?


1 commento:

  1. Carissimo Busi, continuo a leggere il tuo interessantissimo Blog sull'improvvisazione e cerco di non sentirmi troppo in colpa nell'aver dato ai miei allievi, negli anni, spunti di riflessione e mezzi per imparare ad improvvisare (sempre che a sto punto, si possa veramente insegnare!). Certo è che non ho mai preteso di essere un insegnante accademico di improvvisazione ma semplicemente un compagno di viaggio (pagato!) in questa bellissima avventura che è l'improvvisazione. Trattando quegli argomenti, cerco di dare spunti ai miei allievi ma non pretendo, neanche da me stesso, che vengano seguiti alla lettera e che siano il mezzo per improvvisare ma solo che aiutino a trovare sicurezza e possibilità nell'imparare a stare sul palco e ad improvvisare seguendo il momento. Quando uno impara a pedalare solitamente usa le rotelline e poi le toglie e pedala senza più "sovrastrutture". Ecco per imparare a pedalare e ad improvvisare un insegnante può presentare varie rotelline, sempre tenendo ben presente che usare quelle rotelline non ti faranno essere un improvvisatore ma ti aiuteranno nel percorso, soprattutto se quegli argomenti sono appena accennati in poche lezioni e non arrivano da anni di studi nè da parte dell'insegnante nè dall'allievo. Ovviamente capisco il tuo discorso e capisco che di base il tuo invito a non usare scorciatoie sia utilissimo soprattutto per gli insegnanti.
    Puleo

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