Quello del Sì, Ma..., a mio parere, è il tema cardine dell'Improvvisazione teatrale, così oggi continuo il discorso andando ad esaminare alcuni aspetti più nel dettaglio .
Due allieve stanno improvvisando una scena dove, a un comando del docente, dovranno raccogliere uno dei biglietti sparsi per terra e pronunciare la battuta lì scritta. A loro insaputa sono frasi tratte dalle opere di Shakespeare. Una delle delle due, ricevuto il comando, raccoglie il bigliettino e legge: "Ma chi sei tu che avanzando nel buio della notte inciampi nei miei più segreti pensieri?" (Giulietta E Romeo) L'altra risponde con una battuta, gli spettatori ridono e le attrici ritornano a fare quello che già stavano facendo nella scena. Ora tocca a quest'ultima raccogliere e leggere il biglietto: "La gelosia è un mostro dagli occhi verdi che dileggia la carne di cui si nutre." (Otello) La battuta cade nel vuoto e la scena prosegue come se nulla fosse accaduto.
Altra coppia, altro biglietto. Questa volta i personaggi in scena sono due fratelli, si scopre che uno, che fa l'università, copia i compiti dell'altro, che va in quinta elementare. Quest'ultimo legge il suo biglietto: "Non sei senza ambizione, ma ti manca la crudeltà che deve accompagnarla." (Macbeth) Risposta: "Faccio Pedagogia." Giù risate e la scena prosegue ignorando completamente questo scambio di battute.
Non deve trarre in inganno il fatto che i protagonisti di queste scene fossero allievi: non è che con gli improvvisatori più esperti le cose cambino di molto.
La questione è che, come ho scritto qui, l'istinto di chi fa improvvisazione è quello di proteggersi, di mantenere il controllo della situazione, perciò si tende ad annullare ciò che può minacciare la nostra sicurezza, come appunto una frase di Shakespeare inserita a sorpresa in una scena.
A volte semplicemente questi input li si ignora bellamente - è impressionante quanto gli improvvisatori possano essere sordi a ciò che accade attorno a loro - altre volte vengono liquidati con una battuta per poi proseguire.
Quest'ultimo modo di fare - cioè liquidare con una battuta queste rotture della realtà della scena, per poi continuare come se niente fosse - spesso è percepito come una sorta di cifra stilistica, un indicatore della bravura dell'improvvisatore.
Se volete riconoscere questi sedicenti improvvisatori basta proporre loro di fare una scena dove, a un certo punto, uno di loro inizierà una frase che uno spettatore dovrà concludere con un oggetto o esprimendo un concetto che ha pensato in precedenza.
Attore 1: "Se la metti così allora io..." indica uno spettatore
Spettatore 1: "Ti rubo il porcospino"
Attore 1: "Se la metti così alloa io ti rubo il porcospino!"
Il pubblico ride.
Attore 2: "Ah, sì? Allora io..." indica un altro spettatore
Spettatore 2: "Vado a Shangai."
Attore 2: "Ah, sì? Allora io vado a Shangai!"
Il pubblico ride.
E così via.
Quante volte ci è toccato assistere a scene simili? E quante volte ci è stato ricordato quanto questi attori fossero superbrassimistraformidabili?
La questione è questa: sono veramente bravi oppure hanno solo una gran faccia tosta e in realtà non stanno interagendo tra loro?
Questi attori fenomenali stanno veramente abbracciando l'ignoto o stanno disperatamente rifiutandosi di esplorare cosa sarebbe accaduto se quel porcospino fosse stato veramente importante?
Non è forse che quelli che a noi sono stati presentati come bravi, sono in realtà quelli meno capaci?
Quando ero allievo (e c'era ancora la Lira) era molto apprezzato quello che veniva chiamato il "gioco di rimessa": l'attendere che l'altro facesse una battuta forte per poi neutralizzarla facendo un gag che demoliva tutto, ma guadagnava l'applauso del pubblico. Questo non è "spiazza il tuo compagno" (di cui ho parlato qui) perché non mira a spiazzare per creare non si sa bene cosa, ma è un vero e proprio riallineamento della scena, che va a richiudere quella breccia verso l'ignoto che si era creata. Non c'è bravura in questo, solo disperazione: la disperazione di chi vuole mantenere il controllo.
Purtroppo questo comportamento, contrario a ciò che dovrebbe essere l'improvvisazione, veniva premiato e ben più di un improvvisatore ha fatto carriera e ancora oggi viene riconosciuto come esempio da seguire grazie a questo.
Uno dei Sì Ma... più utilizzati dagli improvvisatori esperti è il nascondere dietro una battuta il loro non farsi coinvolgere da ciò che accade in scena.
La loro non è bravura, è disperazione.
E la loro disperazione li ha portati ad elevare ad arte questo loro rifiuto di interagire con l'altro.
Quelli più rinomati, più famosi ed acclamati hanno elevato questa capacità ad un punto tale da arrivare a non aprire quasi mai le scene e la loro strategia sta nell'aspettare dietro le quinte il momento opportuno per entrare e fare la loro battuta che farà spellare le mani al pubblico dopo aver demolito tutto ciò che i loro copagni avevano costruito.
A loro la gloria, agli altri i cocci: che bravi sono questi battutari!
Moltissimi improvvisatori vengono formati a improvvisare così e i luoghi più tristi dell'improvvisazione sono quelli dove, a quasi trent'anni di distanza, ancora vige la differenza tra Battutari e Costruttori, classificazione non ufficiale che però testimonia il pessimo livello di quella parte dell'improvvisazione italiana.
Battutaro è il temine con cui, in quegli ambienti, viene definito l'improvvisatore che fa ridere il pubblico a suon di gag, il terrmine Costruttore è invece il premio di consolazione per chi non è capace di fare ridere il pubblico come i Battutari. Il vero termine per i Costruttori sarebbe Incapace o Inadatto, ma non si può fare perchè poi queste persone lascerebbero i corsi. Ma questo non sarebbe un problema per quelle scuole, se non fosse che assieme a loro lascerebbero i corsi anche le quote che questi mensilmente versano.
La divisione in Battutari e Costruttori è proprio la cartina tornasole di quel Sì Ma... di qui parlavo nell'articolo sopra citato. Se le persone accettassero quella frattura che si viene a creare quando si altera l'equilibrio della scena e non fossero abilissime a cancellare tutto con una battuta, questa divisione non avrebbe più ragion d'essere.
Infatti se durante l'improvvisazione si "rimanesse nel momento" e si reagisse onestamente a ciò che accade in scena, questa suddivisione verrebbe meno: tutti starebbero nel Processo e basta.
Suddividere gli improvvisatori in Battutari e Costruttori è segno che persiste un modo malsano di approcciarsi all'Improvvisazione, basato esclusivamente sulla Performance, che premia chi non si fa coinvolgere da ciò che accade in scena, ma che razionalmente valuta ciò che accade per scegliersi il momento migliore in cui intervenire.
Guardate i Battutari per quello che sono: delle persone spaventate, incapaci di entrare pienamente in relazione con gli altri.
E i Costruttori? Nient'altro che vittime inconsapevoli di un sistema che premia i più scarsi. Un Costruttore non è un bravo improvvisatore: è un fallito che non ha il coraggio di ammettere con se stesso che non è capace di stare al passo richiesto dalla sua scuola. Se avesse dell'amor proprio lascerebbe il gruppo e andrebbe dove lo possono apprezzare e formare davvero, ma preferiscono essere i lacchè dei loro compagni Battutari invece di mettersi in gioco veramente.
Accettare il ruolo del Costruttore è fare un Sì, Ma... verso se stessi.
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