giovedì 30 luglio 2020

Esercizi cui dare fuoco: il Toast





Su sollecitazione del collega e amico Michele Imparato, scrivo oggi dell'esercizio di Improvvisazione che maggiormente detesto:

il TOAST.

Per chi non lo conosce l'esercizio consiste nel mettere 5-6 improvvisatori in riga e chinati. A un comando chi di questi attori vuole si alza e inizia una scena con quelli che si sono alzati assieme a lui; se l'attore è da solo, farà un monologo.
A un comando successivo, questi che si sono alzati si abbassano in maniera da essere tutti chinati, ad un terzo comando chi vuole si alza per iniziare una nuova scena e così via. Quando si alzano gli stessi attori che si erano già alzati in una scena precedente, riprendono quella stessa scena e la sviluppano.

Questo esercizio fu importato in Italia verso la fine degli anni '90 da una tournée di Amatori all'estero e fu una boccata d'ossigeno per un mondo che stava precipitando verso "alla maniera del Codice Fiscale. Quattro minuti" .
Da allora è un must.

L'esercizio di per sé non sarebbe male: costringe gli attori a prendere decisioni rapide e a installare rapidamente delle scene. Oddio: ci sono esercizi migliori per ottenere gli stessi risultati, ma va bene.

Il problema è che  il Toast è diventato da subito uno degli strumenti più efficaci per insegnare il Sì,Ma..., per mostrare agli allievi come non farsi coinvolgere e risolvere tutto con un po' di faccia tosta.

Infatti quello che più diverte gli spettatori nell'assistere all'esercizio, non è tanto quello che gli attori creano in scena , ma lo spaesamento di questi a ogni cambio scena, quando cercano di capire quale scena devono continuare oppure non si accorgono di un compagno e riprendono una scena sbagliata. Ancora una volta non ci sarebbe nulla di male in tutto questo, se gli attori si preoccupassero della qualità delle scene e queste non fossero, nei fatti,solo un riempitivo per il successivo cambio scena. Purtroppo quello che gli improvvisatori scoprono fin da subito è che la parte dell'esercizio che diverte maggiormente il pubblico è il momento del cambio, non quello che accade tra un cambio e l'altro e, in virtù di ciò, l'improvvisazione nel Toast diventa solo un riempitivo tra un cambio scena e l'altro.

Per questa ragione l'esercizio non insegna a lavorare sulle scene, ma solo ad avere faccia tosta a sufficienza per fare fronte agli inevitabili sbagli, sbagli che non diventano mai rotture della realtà capaci di aprire inaspettati sviluppi narrativi, ma solo pretesti per far ridere il pubblico.

Una delle conseguenze di questo è che il Toast, al di là delle apparenze, non è un esercizio che richieda chissà quale abilità, anzi, per come viene fatto, è la negazione stessa della necessità di frequentare un corso di Improvvisazione: chiunque può fare questo esercizio per come viene fatto. Per farlo bene, cioè con delle belle scene che vengono interrotte e poi riprese e dove gli attori integrano in maniera organica gli errori e la confusione, ci vorrebbe un corso di Improvvisazione. Ma in realtà è proprio nei corsi di improvvisazione che si insegna a farlo nel peggior modo possibile, così siamo punto a capo. 

Mi si dirà "Ma quanto sei pesante: alla fine il Toast è quello che è: un esercizio leggero, che fa divertire chi lo fa e chi assiste, che carica di energia lo spettacolo."
Vero, rispondo, ma questo non esime chi lo fa dal dare il massimo.

"Fare i cialtroni" in scena è difficilissimo, richiede un sacco di preparazione e solo in pochi ci riescono veramente bene.
"Essere cialtroni" in scena invece è molto più facile e per molti attori è l'unica maniera di improvvisare.

Formare gli attori a fare bene il Toast, insegnando loro a restare nel presente in ogni istante, a riprendere con prontezza le scene ad ogni cambio, a non buttare via il lavoro fatto durante le scene, a tenere separata la leggerezza dalla cialtroneria renderebbe l'esercizio veramente utile.

Fatto come viene fatto oggi lo mette al primo al primo posto della mia personale classifica degli Esercizi Cui Dare Fuoco

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