lunedì 27 luglio 2020

Absurderie




Poco più di un anno fa, trovandomi Roma per lavoro, sono incappato in uno spettacolo d'improvvisazione diverso dagli altri, uno di quegli spettacoli che non è detto che piacciano a tutti, ma che sicuramente porta l'improvvisazione in territori inesplorati: ABSURDERIE.

ABSURDERIE è uno spettacolo/workshop/esplorazione che apprezzo, ma non conosco bene, quindi, per evitare di scrivere sciocchezze, oggi mi faccio da parte e lascio che sia il suo ideatore - Daniele Marcori - a parlarvene.

Buona lettura e buona visione se ne avrete occasione.


Come è nato Absurderie (mi raccomando, si legge Absurderie).

Tanti e tanti anni fa mi capitò fra le mani un testo teatrale in libreria di un certo Ionesco e si intitolava La cantatrice calva. Ero alla ricerca di testi un po’ alternativi per mettere in scena uno spettacolo con una compagnia amatoriale e per qualche motivo sia per la brevità del testo che per le poche e criptiche descrizioni della trama del libro, decisi che quello era l’acquisto che faceva per me.

Una volta a casa lo lessi avidamente e una volta finito, dentro di me echeggiava una frase molto chiara: “Cosa ho letto? Non c’ho capito niente.”

Quindi lo rilessi una seconda volta e come per magia cominciai a ridere di ogni frase, ad ogni pagina, come un matto.

Continuavo a dirmi che non avevo capito niente, ma stavolta avevo riso a crepapelle. Farmi ridere non era semplice e non lo è tutt’ora. Eppure quel libercolo di quel tale Ionesco, roba degli anni ‘50, mi aveva scardinato completamente.

Teatro dell’assurdo. Lo rilessi più volte e a ogni lettura ecco che cominciava a emergere il senso di quello che forse si annidava dentro a quei dialoghi strampalati. Altro che non sense, altro che assurdo. C’era molto sense e molta normale quotidianità in quel libro.

Molto più reale e vero di tanti libri “normali” che avevo letto fino a quel giorno.

Il teatro verità dovevano chiamarlo i critici. La sintesi della verità.

Parole cariche di significato, piene di drammi e di tragicomicità. C’era solo da entrare in un percorso di comprensione altro; un po’ come quei quadri 3D che all’inizio sono incomprensibili e poi sfocando gli occhi riesci ad accedere alla vera forma.

Avevo amato Dalì, Picasso, ma soprattutto di Magritte ero rimasto affascinato e in Ionesco rivedevo, in forma di scrittura, quella forza comunicativa di mettere insieme cose normali in una miscela anormale, distopica, improbabile.

Da improvvisatore avevo sempre avuto una predilezione per i colpi di scena, per i punti di vista alterati, per la fobia di non ripetere mai una battuta detta, uno schema già visto e così avevo perfezionato tecniche per evitare i clichet. Ciò mi garantiva una certa originalità nelle mie proposte in scena.

Certo, per i miei colleghi poteva essere spiazzante non potersi riposare mai andando in automatico, una volta che si paventava all’orizzonte un ricorrente schema di gioco, ma alla fine penso che si siano divertiti di più e di sicuro l'alto livello di rischio, gli spettatori lo avvertivano.

Poi a distanza di anni capita che la mia vita incontra un baratro, una serie di pozzi neri che si susseguono anno dopo anno: 2 lutti, perdita del lavoro, un figlio non nato, uno disabile, la separazione con l’allontanamento da casa e dulcis in fundo un tumorello niente male.

Che fare? Qualcosa è scattato fra un incubo e l’altro e ho cominciato a raccontare frammenti vissuti cercando una chiave surreale e deformata, in modo da disegnare delle spirali che potessero dissipare come serpentine tutta la carica dolorosa dei fatti che in realtà stavano dentro a questi microatti assurdi.

Alla prima lettura quello che arriva è la parte buffa, poi rileggendoli si scopre che non c’è solo la parte buffa e rileggendoli ancora ecco che si incontra il dramma.

Ogni cosa che mi capitava io la scrivevo e ne usciva fuori una scena grottesca. Molto spesso facevo fatica anche io a credere fosse realmente accaduto quello che raccontavo, ma la cosa stupefacente era che non c’era niente di inventato, se non il caleidoscopio che usavo per colorare ogni storia.

In pochi mesi avevo già scritto una trentina di pezzi e mi sono detto che ci avrei potuto scrivere un libro. Così feci. Absurderie. Amazon dava una soluzione molto pratica e indolore. Costo zero, guadagni minimi, ma costo zero. Era quello che mi serviva. Non mi interessava guadagnare, ma pubblicarlo senza spendere.

Fatto il libro, dopo poco, una mia collega e amica mi chiama e mi dice: “troppo forte! Dobbiamo farci uno spettacolo.”.

La mia risposta fu che stesse sopravvalutando quel libretto. Stiamo con i piedi per terra. Mi vergognavo solo a pensarci che avessi potuto scrivere un testo teatrale.



Dopo due giorni,dopo aver riletto due volte ancora il mio libro, chiamai la mia collega e le dissi: “Facciamolo!”.

E siamo partiti. Giulia Bornacin è riuscita a leggere come se fosse me e dava le interpretazioni giuste, nel modo giusto, esattamente come io avrei potuto immaginarle se non di più.

Ho fatto il sito, la pagina facebook e siamo partiti in tournee. Incredibile. Già più di 10 date nel primo anno di vita. Sembrava che le cose andassero da sole.

Per la prima volta stavo credendo in un mio progetto e per quanto potessi ogni tanto perdere la fiducia, il meccanismo di autosabotaggio stavolta non ha funzionato e sono nati dei laboratori, un secondo libro e il secondo spettacolo ancora più intenso del primo.

Aumentano gli interessati e nasce La Piccola Bottega dell’Assurdo con l’intento di un laboratorio permanente per produrre nuovi testi, idee e portarle in scena.

Ma non è solo di teatro che la Piccola Bottega dell’Assurdo si vuole occupare. È un movimento che raccoglie riflessioni, punti di vista, concept grafici, orientamenti innovativi.

Iniziamo una piccola rassegna mensile e poi arriva Covid19. Beh, assurdo, no?




Saltano due spettacoli a marzo, e poi ad aprile e maggio con laboratori annessi. Un bel colpo di scena del cavolo, però.

Passano 7 giorni e sento ancora una forza che mi porta a investire tempo ed energie per lavorare online e produrre video a distanza. Cominciamo a vederci ogni 3 giorni e butto giù un paio di puntate di Benvenuti in Absurdistan, con me e Giulia ci sono anche Monia Cappello e Umberto Mascia.

Ognuno inizia a creare contenuti e io mi concentro sulle maledette tecnologie per andare in diretta streaming e via discorrendo. 6 puntate che riscuotono interesse e spiazzano gli utenti.

Andiamo avanti e poi a fine maggio chiudiamo l’esperienza online. Basta. Vogliamo tornare dal vivo, ma questo lockdown è servito per capire che Absurderie sono anche video e ci piace pure farli. Sì adesso la Piccola Bottega dell’Assurdo sarà un contenitore di atti dal vivo e contenuti video.

Ci piace.

Adesso oltre a me e a Giulia c’è un cast fisso e due gruppi di attori/improvvisatori che si stanno perfezionando per entrare in sintonia con il progetto.

Tutto è ancora molto imperfetto, ma gli ingranaggi si stanno oliando e, senza forzare, fra un po’ tutto andrà a regime e a quel punto romperò lo schema per un nuovo ordine; insomma c’è da lavorare tanto.

Absurderie WiFi sarà il prossimo libro e così si chiamerà anche il prossimo spettacolo. Preferirei stavolta non vivere altri drammi e usare quello che ho, che è già abbastanza. Così per dire, ecco.

Daniele

p.s. dicono che siamo un prodotto di nicchia. La mia risposta ogni volta è : "Bene!!!" (citazione del Gaggini)



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