lunedì 6 luglio 2020

Le euristiche dell'Improvvisazione - Impegnati nel tuo personaggio




L'euristica Impegnati nel tuo personaggio permette al Sì E... di venire applicata al personaggio che portiamo in scena.

Quando l'improvvisatore va in scena, l'unica cosa che porta con sé è il suo Personaggio ed è da questo che deve partire per poter costruire una scena. Non importa che se lo si sia scelto prima che la scena iniziasse oppure che sia stato dato dal compagno a scena iniziata o che sia stato scoperto durante l'improvvisazione: quello è il Personaggio e l'improvvisatore ha il dovere di tirarne fuori il meglio.

Il primo passaggio da fare, perciò, è di mettere convinzione nel fare il personaggio.

Quando il personaggio di una scena improvvisata è fiacco la causa è che l'attore che lo sta portando in scena è distratto. Può essere distratto dal fatto che il personaggio non lo ispira, o che sia la scena a non ispirarlo o che sia preoccupato della propria performance o di come sta andando la scena. Fatto sta che se l'attore non è ispirato, il personaggio è debole, senza energia.
Tutto questo va contro il Sì E...: non è accettare e costruire su ciò che sì ha e che viene offerto, ma è cercare qualcosa di meglio, qualcosa che però in quel momento non è disponibile.

La debolezza della performance di un improvvisatore è la spia di preoccupazioni che affollano la sua testa ed è lì che bisogna intervenire. Riallacciandomi a quanto scritto qui, bisogna rimettere l'attore nel Processo, bisogna riconnetterlo al personaggio e alla scena. Solo così, quando l'attore sarà focalizzato sull'azione stessa e non sul risultato, il personaggio prenderà finalmente vita.

Gli insegnanti scadenti, di cui l'improvvisazione italiana purtroppo abbonda, affrontano il problema  dicendo che l'allievo in scena "non è convinto" o che "deve metterci più energia", tutte informazioni che lasciano il tempo che trovano, visto che mica basta dire che l'allievo deve metterci più convinzione per riconnetterlo a ciò che sta facendo, anzi. 

Chi frequenta un corso di improvvisazione paga degli insegnanti proprio perché vorrebbe che gli mostrassero come fare per essere presente in scena: non serve essere insegnante per dire ad un allievo che in scena deve essere "più convinto". Per dire questa banalità basta chiunque passi lì per caso senza chiedere soldi in cambio.
 
Quindi, vediamo adesso come agire praticamente per attuare l'euristica Impegnati nel tuo personaggio e come questa sia la chiave per tenere gli attori connessi alla scena.

Takuan Soho (1632) nel suo Fudochishinmyoroku, ovvero "La testimonianza segreta della saggezza immutabile" scrisse:

    Esiste uno spazio così infinitesimale in cui non può entrare nemmeno un capello. Questo è correlato alle arti marziali (e all'Improvvisazione N.dR.).
    "Spazio infinitesimale" è quando due cose poste una appoggiata all'altra sono così aderenti che nemmeno un capello potrebbe entrare. 
    Quando batti le mani e, contemporaneamente, lanci un urlo si produce uno spazio in cui non entra neppure un soffio.
    Batti le mani e non c'è tempo di pensare al suono prima di emetterlo, semplicemente batti le mani e, contemporaneamente, lanci un urlo.
    Parimenti, se la mente si ferma sulla spada che è prossima a colpire, si creerà un intervallo e perderai il tempismo dell'azione. Ma se nello spazio tra l'attacco del tuo avversario e la tua azione non potrà entrare nemmeno un capello, la spada dell'avversario diventerà tua.
 
[...] 
 
    È come una palla che scorre su una corrente veloce: noi onoriamo la mente che sa fluire veloce senza fermarsi neanche per un instante."

Ki KenTai significa Spirito Spada Corpo:
solo unendosi fisicamente e spiritualmente allo strumento
 l'Uomo realizza il suo potenziale.

  
Seguendo quanto scritto da Takuan Soho, al fine di far sì che l'allievo metta convinzione nel personaggio, indicazioni date all'attore come "Credici!", "Sforzati!", "Mettici più energia!" e simili, sono comandi buoni solo a disconnettere ancora di più l'attore da ciò che sta facendo, allargando quello spazio in cui "non dovrebbe passare neppure un capello". Prendendo spunto da un'altra sua massima che dice "...se lanci una palla in un corso d'acqua che scorre rapido, la palla cavalcherà le onde e non si fermerà mai", io - come insegnante - preferisco far agire, fornendo al personaggio un obbiettivo su cui focalizzarsi. 

Durante una lezione, mentre viene fatta una scena l'attore e l'attrice sono disconnessi da ciò che sta accadendo nella scena, sono preoccupati di fare le cose per bene, l'energia cala costantemente, si cerca di fare battute o di dire cose intelligenti, a una battuta di lei lui ha una reazione eccessiva e artefatta .
A questo punto intervengo dando obbiettivi chiari a ciascuno dei due personaggi; la scena riprende, i personaggi sembrano assumere una parvenza di vitalità ma continua a sembrare che in scena si improvvisi con gli elastici, fornisco altri comandi, mirati a tagliare i tempi morti, al fine di riprendere l'azione e impedire che i due possano ritornare "dentro le loro teste" a pensare a ciò che stanno facendo invece di farlo e basta. Poi tutto a un tratto la scena si mette in moto e s'illumina: c'è un cambiamento nel corpo degli attori, una maggiore fluidità dei  movimenti, un innalzamento nel volume della voce, un rilassamento generale. E la scena diventa appassionante.
Agli altri allievi e a me vengono così regalati una trentina di secondi di Teatro, nei quali gli attori si sono trasfigurati e noi che assistiamo, ci troviamo davanti ad altre persone, alle loro passioni, ai loro difetti, alle loro volontà. Poi la pressione supera la soglia di tolleranza degli attori - sono allievi dopotutto - lui fa una battuta fuori luogo e rompe l'incanto: le luci si spengono, i personaggi scompaiono e al loro posto ritornano gli attori. A questo punto chiamo il buio e termino la scena.

Questa è una situazione abituale a lezione, tutti, insegnanti e allievi, le viviamo ogni settimana, ma quello che mi preme sottolineare è che le indicazioni date agli attori a lezione non hanno un'origine o un fine drammaturgici, ma servono solo mettere e mantenere gli attori nel processo.

Dare un obbiettivo importante, urgente e raggiungibile nella scena serve a togliere l'attore dalla propria testa, riconnettenedolo a ciò che sta facendo e rimettendolo nel fluire dell'azione, a spingerlo nell'Azione, chiudendo così lo spazio dell'esitazione, del Giudizio.
Quando l'attore lavora affinché il Personaggio cerchi con tutte le sue forze di raggiungere i propri obbiettivi, lottando contro gli ostacoli che gli si parano di fronte, questi sarà così assorbito dall'Azione dal non avere nella sua testa spazio per dubbi ed esitazioni.
Cos'è la tanto decantata Presenza Scenica se non la trasfigurazione dell'attore nel personaggio che sta portando in scena?

Invece dare indicazioni finalizzate a una "bella storia", non aiuta: bisogna che gli attori siano presenti in quello che stanno facendo e non si distraggano per fare qualcosa che piace "alla storia". L'Improvvisazione si attua nell'Azione, non nel Risultato: parlare di Drammaturgia mentre si sta improvvisando è solo rumore.

La difficoltà come docente, a questo punto, è dare indicazioni che lascino agli attori libertà di azione, ma che allo stesso tempo impongano ai loro personaggi delle Decisioni.
Nell'Improvvisazione come nella vita sono le Decisioni infatti che definiscono chi siamo e non il contrario: non si fa una scelta "perché il mio personaggio farebbe così", ma è quella scelta che fa sì che il mio personaggio sia così.

E poche cose distaccano l'improvvisatore da ciò che sta facendo come dover prendere delle decisioni!
Sono i momenti delle decisioni quelli cui bisogna prestare attenzione, perché la decisione è un'assunzione di responsabilità e non tutti sono pronti per tale assunzione. La responsabilità di dare i nomi alle cose, di leggere le lettere, di aprire le scatole per vedere cosa contengono: questi sono i momenti difficili della vita di un improvvisatore, quei momenti dove il Personaggio viene scaricato perché l'Attore non riesce a sopportare il peso di quella scelta e allora delega ad altri tale decisione o la risolve con una battuta che demolisce tutto quanto costruito fino a quel momento.

Søren Kierkegaard in Aut Aut ha scritto un passaggio sulla Scelta che sembra calzare a pennello sugli improvvisatori che in scena non decidono e su quello che inevitabilmente succede loro.

    "Se un uomo potesse mantenersi sempre sul culmine dell'attimo della scelta, se potesse cessare di essere uomo... sarebbe una stoltezza dire che per un uomo può essere troppo tardi per scegliere, perché nel senso piú profondo non si potrebbe parlare di una scelta. La scelta stessa è decisiva per il contenuto della personalità; con la scelta essa sprofonda nella cosa scelta; e quando non sceglie, appassisce in consunzione ... 
[...]
    Immagina un capitano sulla sua nave nel momento in cui deve dar battaglia; forse egli potrà dire: bisogna fare questo o quello; ma se non è un capitano mediocre, nello stesso tempo si renderà conto che la nave, mentre egli non ha ancora deciso, avanza con la solita velocità, e che così è solo un istante quello in cui sia indifferente se egli faccia questo o quello. Così anche l'uomo, se dimentica di calcolare questa velocità, alla fine giunge un momento in cui non ha più la libertà della scelta, non perché ha scelto, ma perché non lo ha fatto; il che si può anche esprimere così: perché gli altri hanno scelto per lui, perché ha perso se stesso... "

Nessuno s'immaginava che Aut Aut
 si potesse applicare all'Improvvisazione e invece...



Questo tema, cioè di come la Scelta determini il Personaggio e su quanto sia importante che l'attore si assuma la responsabilità di fare decidere il suo personaggio, ci evidenzia un altro aspetto importante dell'eurisitca Impegnati nel tuo personaggio: la Character Advocacy.

Questo è un concetto che prendo a prestito dal Gioco Di Ruolo e che in quell'ambito riguarda la necessità di dover rappresentare all'interno del gioco gli interessi del Personaggio da parte del giocatore (se vi interessa potete leggere qui e qui).
Talvolta capita che chi sta improvvisando non faccia le  scelte che il suo personaggio farebbe veramente, facendone altre che invece, a suo parere, "vanno bene per la storia".
Per esempio, quante volte abbiamo visto scene che iniziano con uno schiaffo e finiscono con un bacio? Davvero tutte le protagoniste avevano così voglia di baciare l'uomo cui avevano tirato un ceffone pochi minuti prima? E tutti questi uomini erano così affascinanti da farsi baciare dopo essersi meritati uno schiaffo?
Oppure tutte le volte che in una scena Shakespeariana ci tocca sorbirci la situazione dove due uomini si sfidano con la spada e la protagonista, per fermarli, si getta tra i due finendo infilzata: possibile che non ce ne sia una che pensa che gettarsi a corpo morto tra due che duellano con le spade sia una stupidaggine?

Ogni volta che in scena facciamo una scelta "per la storia", stiamo giocando male il nostro personaggio. Macbeth decide di uccidere il Re perché sia lui che sua moglie sono ambiziosi, non perché "andava bene per la storia". A Otello non basta che Iago gli dica che Desdemona lo tradisce per ucciderla "perché così la storia va avanti", no, ci impiega una tragedia intera per ucciderla perché per essere sicuro vuole la prova del tradimento!

Alla luce di quanto scritto finora sull'impegnarsi nel far vivere il personaggio portando avanti i suoi obbiettivi, nel rimanere nel Flusso e connessi a ciò che si sta facendo, senza focalizzarsi sul voler raccontare a tutti i costi una bella storia, un corso avanzato di improvvisazione non può prescindere, a mio parere, dal far lavorare i propri allievi con la Maschera.

La Maschera insegna sicuramente tantissimo agli attori in termini di fisicità e di utilizzo espressivo del corpo, ma per gli improvvisatori c'è un valore aggiunto.
Quando indossa la maschera l'attore, infatti, deve essere sempre presente in ciò  che sta facendo, dando corpo, voce e pensieri alla maschera stessa. Non appena l'attore si preoccupa di dovere "fare bene", istantaneamente ciò che appare agli spettatori è una persona con un pezzo di cuoio sul viso. Ritornando alle parole del Fudochishinmyoroku la maschera mostra impietosamente il momento in cui la mente dell'improvvisatore "si ferma sulla spada". 

La maschera insegna agli improvvisatori a mettere energia nel personaggio, ma senza strafare, insegna ad essere sempre presenti nel personaggio e che il Personaggio è l'incontro della Fisicità con il Punto di Vista.
Ogni maschera conduce naturalmente ad una fisicità, a un respiro - il respiro della maschera - e da quel respiro l'attore scopre il Punto Di Vista di quella maschera.  Quel Punto di Vista, come la fisicità che sta alla sua base non può essere deciso prima, non si può dire, per esempio, che "Arlecchino si fa così, così e così". Ogni attore deve scoprire il proprio Arlecchino: se l'attore vuole decidere la propria visione a scapito di quello che la maschera suggerisce, non c'è scampo: anche in questo caso gli spettatori vedranno una persona che si agita con un qualcosa di cuoio sul viso.

Chiunque sia avvezzo alla maschera, non ha problemi a seguire l'euristica Impegnati nel tuo personaggio, perché la maschera insegna che non si può fare altrimenti. Anzi è attraverso l'uso della maschera che si comprende fino in fondo il senso di questa euristica.

Impromask, uno dei momenti che mi hanno fatto capire
 veramente di cosa parliamo quando parliamo  di Improvvisazione.
Ne parlerò in futuro.




1 commento:

  1. Bleeding! Sento odore di bleeding!
    https://nordiclarp.org/wiki/Bleed

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