giovedì 2 luglio 2020

Le euristiche dell'Improvvisazione - Lascia andare




Questa euristica potrebbe anche essere denominata "Prenditi Dei Rischi", ma poi magari qualcuno potrebbe fraintendere e farsi male, quindi è meglio chiamarla "Lascia Andare"

Improvvisare potrà essere anche la nostra condizione abituale, visto che non ci è dato di sapere cosa ci presenterà la Vita nel prossimo istante, ma sicuramente non è naturale farlo davanti a degli spettatori.

Basta pensare che quando si è sul palco ci si trova nell'unico punto illuminato in mezzo ad un vasto spazio buio nel quale  percepiamo la presenza di qualcuno, un potenziale pericolo: sentiamo muovere, respirare e magari tossire! Come non tornare col pensiero ai nostri antenati nella savana, tutti stretti attorno al fuoco mentre fuori da quel flebile cerchio di luce si aggiravano fiere e altri predatori?
E allo stesso modo dei nostri antenati sentiamo forte l'istinto di stringerci gli uni agli altri, di farci notare il meno possibile e aspettare che torni la luce del giorno per poter riprendere una parvenza di controllo sulla situazione.

Quindi, quando improvvisiamo, il nostro primo istinto è quello di proteggerci, di non scoprirci: fuori c'è una minaccia per cui meno ci facciamo notare e più possibilità abbiamo di portare a casa la pelle. Paradossalmente questo comportamento è quello che ci espone a rischi ancora maggiori, perché giocando sul sicuro, tenendo il controllo, rimaniamo sempre nel campo della Performance, proibendoci di andare nel Processo (per rinfrescarvi Performance e Processo leggete qui e qui) e rendendoci così vulnerabili al Fallimento.

Faccio notare che l'espressione "lascia andare" implica una certa passività: non occorre fare qualcosa di particolare per farlo, anzi meno si fa più si sta lasciando andare.

Da un certo punto di vista un corso base o un workshop di improvvisazione non insegnano niente: semplicemente rimuovono quei blocchi mentali che si frappongono tra la nostra Creatività e l'Azione. Solo lasciando andare possiamo predisporci a quell'Intuizione In Azione, che è la definizione di Improvvisazione di Stephen Nachmanovitch, in uno dei pochi libri sull'argomento che valga la pena di leggere.

Quando si comincia ad improvvisare il primo Sì E... dobbiamo dirlo a noi stessi. Sul palco solitamente si adottano due tattiche per affrontare il timore del giudizio altrui: tentare di non dire stupidaggini e farsi notare il meno possibile.

A livello metodologico quindi affronterò la questione dividendola nelle sue due componenti
  • lascia andare mentalmente
  • lascia andare fisicamente
E poi cercherò di ricongiungere il discorso nelle Conclusioni.


Lascia andare mentalmente


Lascia andare mentalmente non vuole soltanto dire accettare le nostre idee che solitamente censureremmo perché le reputiamo troppo oscene (come spiegato qui), ma vuol dire anche abbandonare, nell'arco di un battito di ciglia, l'idea con cui eravamo entrati e alla quale ci eravamo tanto affezionati per accogliere invece quella del compagno. Lottare per le proprie idee è sicuramente ammirevole quando si parla di difendere i diritti civili, ma non quando si improvvisa.

Abbandonare la propria idea è doloroso: la idee seducono, specie se si tratta delle proprie. L'idea è un qualcosa che ci trattiene nel passato, ancorarsi alla propria idea è vivere nell'ancora mentre la scena è nel già. Se dobbiamo accogliere l'altro, dobbiamo creare lo spazio mentale necessario. Se si rinuncia al possesso dell'idea, della propria idea, allora quello che accadrà in scena diventerà la nostra idea.

Ma è corretto parlare di Idea?

Solitamente l'improvvisatore ha Intuizioni che vanno immediatamente esplorate, quindi è necessario creare un ambiente dove gli allievi possano iniziare il più rapidamente possibile quell'esplorazione. L'intuizione è un qualcosa di dinamico, caratterizzata dal fatto che arriva in forma immediata. Non ci si stava pensando, ma è arrivata lo stesso e a quel punto non si può più tornare indietro: si può scegliere di non seguirla, ma non la si può sopprimere.
Un'Idea invece è un qualcosa di più statico: nasce da un'intuizione, ma viene elaborata più razionalmente.
Insegnare ad avere Idee invece di seguire le intuizioni, significa togliere gli allievi da Presente, per metterli in una condizione dove tali idee possono venire soppesate, valutate, e di conseguenza giudicate. E il Giudizio è l'anticamera della Censura. 

E la Censura è l'antitesi dell'Improvvisazione.
Superficialmente si è portati a pensare che l'antitesi dell'Improvvisazione sia il testo scritto: dopotutto chi improvvisa crea all'istante, mentre chi recita un testo scritto mette in scena parole scritte solitamente da altri e sulle quali sia l'autore di quel testo che l'attore hanno avuto tempo di lavorarci sopra. Ma in realtà il testo scritto è a noi avverso non tanto perché, potendo venire rimaneggiato, porta a un risultato migliore rispetto a qualcosa creato sul momento, ma perché può essere censurato, mentre l'improvvisazione no.

La Commedia del'Arte (alla quale a noi improvvisatori moderni ci accomuniamo senza averle chiesto un parere) lo sapeva bene: ci sono carteggi del '600 dove poveri prefetti chiedevano istruzioni ai propri superiori, in quanto nello scenario (leggi canovaccio) presentato dagli attori per venire autorizzato ad essere rappresentato non si evidenziava nulla di inopportuno, invece durante la messa in scena gli attori ne combinavano di tutti i colori. 

In ogni caso, senza andare a scomodare la Commedia Dell'Arte (che comunque era di gran lunga meno improvvisata di quello è che uno spettacolo di improvvisazione moderno), la Censura si presenta anche quando l'Autore interviene sul testo già scritto per scegliere il termine più adatto ad esprimere ciò che ha in mente o per riscrivere un passaggio al fine di renderlo più musicale. Si presenta anche quando attori e registi provano una scena per far sì che rispecchi meglio la loro visione. Anche se benigna, poiché  ci si preoccupa di ottenere determinati risultati, sempre di Censura si tratta!

Ogni confronto col testo scritto o col teatro di prosa è  sciocco perché l'improvvisazione non può essere misurata col metro di un testo scritto o viceversa. Per carità, è innegabile che ci siano punti in comune, ma prosa e improvvisazione restano due cose diverse. L'Improvvisazione occupa gli stessi spazi del Teatro e, poterlo fare, deve utilizzare al meglio i suoi stessi strumenti (uso del corpo, della voce, dello spazio scenico, ecc), ma in ogni caso resta altro rispetto al testo scritto.

Poi, perché paragonarsi al Teatro su Testo e non - che so - alla Danza Classica? I ballerini non vanno sul palco anche loro?
Mi si dirà che la Danza Classica è altra cosa rispetto alla Prosa, ma anche improvvisare è diverso dal lavorare su testo! Per inciso: io ignoro se i ballerini si paragonano agli attori di Prosa, magari lo fanno, ma non credo, quindi il fatto che lo facciamo noi improvvisatori resta un mistero. 

La verità è che quando improvvisiamo il nostro cervello lavora davvero in maniera differente da quando ripetiamo un testo a memoria, quindi fare confronti con chi fa teatro di prosa è veramente fuori luogo, oltre che sterile.

Quindi al prossimo che paragona l'improvvisazione al testo scritto, avendo la pretesa di sostenere che l'uno sia meglio dell'altro, potete sorridere, fare sì con la testa e proseguire per la vostra strada. 
Questo non perché lo dice Paolo Busi, ma perché il Dottor Charles Limb ha verificato scientificamente che si sta parlando di due cose diverse.



Trovo il passaggio del minuto 14:33 commovente:

"Ripeto, è una cosa incredibile quella che sta accadendo. Neurologicamente è una cosa strabiliante.  Che la musica vi piaccia o no è irrilevante. Dal punto di vista creativo, è qualcosa di fenomenale."


Per questo motivo come euristica scrivo Lascia Andare Mentalmente e non Prenditi Dei Rischi: perché è la definizione dell'atto stesso dell'improvvisare che ci predispone ad abbattere i censori nella nostra testa, assecondando ciò che il nostro cervello sta già facendo. Quindi bloccare questo processo con la Censura, sia quella che dobbiamo subire dall'esterno che quella che ci imponiamo da soli, è un atto contro natura.

Lascia andare fisicamente.

L'euristica Lascia andare fisicamente è l'applicazione del Sì E… al proprio corpo e alla propria fisicità: se si deve fare con ciò che si ha allora bisogna usare il proprio corpo al meglio e prendersi dei rischi con la fisicità. Per prendersi dei rischi non intendo dire fare capriole e salti mortali, ma usare il proprio corpo in maniera diversa da come lo usiamo abitualmente, cominciando ad uscire dalle nostre posture abituali. Lavorare sulla fisicità significa innanzitutto aumentare la consapevolezza del proprio corpo, andando così a ridurre il dualismo mente-corpo.

Precedentemente ho scritto che una delle tattiche difensive quando si è esposti al pubblico è il farsi notare il meno possibile. Quindi istintivamente gli allievi tendono a usare il meno possibile il proprio corpo e a rifugiarsi nella propria testa per cercare di non  dire stupidaggini. 

Di come l'apprendimento delle tecniche di teatro abbia importanti ricadute sulla capacità degli improvvisatori di creare ne ho già parlato qui. Quello che mi preme sottolineare ora è quanto la fisicità degli allievi sia spia di quello che passa nella loro testa: ogni censura mentale si traduce infatti in una tensione nel loro corpo. La buona notizia è che sciogliendo quella tensione a livello fisico l'insegnante può rimuovere il blocco a livello mentale.

Più l'allievo prende coscienza del proprio corpo, di cosa fanno i propri piedi, le proprie spalle e così via e maggiormente riesce a sciogliere le proprie tensioni e a improvvisare fluidamente. Si possono  sciogliere sia le tensioni rimuovendo i blocchi che viceversa; il processo funziona in entrambe le direzioni.

Il primissimo segnale cui un insegnante dovrebbe porre attenzione sono le apnee.

Specialmente quando si è alle prime armi, anche l'esercizio più semplice può generare una enorme pressione sugli allievi e questo solitamente lo si manifesta trattenendo il respiro mentre sta facendo l'esercizio. Per quanto sciocco possa sembrare, ricordare agli allievi di respirare mentre si stanno facendo certi esercizi a volte è il comando migliore che si possa dare! 

Ogni corso di improvvisazione non può prescindere da una parte di fisicità, come un modulo sul Mimo o una sulla Maschera, in quanto quegli strumenti amplieranno la capacità dell'allievo di creare e allo stesso tempo renderanno migliore la sua Performance. Ma quello a cui faccio riferimento è un lavoro molto più basilare, che prevede il far sì che venga usato tutto il corpo, che ci si autorizzi a sdraiarsi per terra, a salire in piedi su una sedia e altre piccole cose di questo genere.

Durante le mie lezioni, una cosa che faccio abbastanza da subito è togliere la parola agli attori, facendo fare scene mute oppure facendo sostituire le parole con numeri o  con il grammelot. Sono convinto che sia importante privare gli attori della componente verbale della scena, costringendoli ad usare il non-verbale e il paraverbale. 

La combinazione della paura di dire stupidaggini con l'impulso a farsi notare il meno possibile fa sì che normalmente le scene degli allievi abbiano tutte la stessa struttura: due persone, una di fronte all'altra, che parlano in continuazione cercando di mandare avanti la scena a chiacchiere, mentre allo stesso tempo tentano di stare immobili  il più  possibile.

Però gli studi sulla Comunicazione umana concordano nel dire che la parte verbale di un messaggio è quella che viene colta meno, mentre quelle non verbale e paraverbale la fanno da padrone. Quindi per timore di fare brutta figura, gli allievi attuano proprio quei comportamenti che in scena li rendono più vulnerabili.

Togliere loro la parola o quanto meno limitarla, per quanto possa apparentemente metterli in difficoltà e costringerli a prendersi dei rischi, è la maniera più diretta per renderli più solidi in scena. 

Nel fare ciò, però, bisogna stare molto attenti. è facile che gli allievi, per sottrarsi alla pressione, si concentrino quasi esclusivamente sulla Performance, trovando soluzioni ad effetto, prassi stereotipate, scorciatoie e tutte quelle tattiche che li allontanano da quello che è l'obbiettivo: rimuovere i blocchi che essi stessi pongono alla propria fisicità per permettergli di esplorare liberamente il proprio potenziale.

Questo togliere la parole, oltre a costringere gli allievi a prendersi dei rischi con la fisicità per potersi fare comprendere, insegna anche un concetto fondamentale: l'attore è colui che agisce, non colui che parla.


Conclusioni

Per semplicità ho trattato l'argomento Lasciare Andare dividendolo in due parti, ma ora è il momento di riunirle.

È chiaro che non si possono tenere separati Corpo e Mente se non in contesti limitati, specialmente se si parla di Lasciare Andare e prendersi dei rischi. Quando si improvvisa il nostro cervello si predispone naturalmente ad abbassare le censure e allo stesso tempo sviluppare la creatività, quindi si tratta solo di assecondare e indirizzare questo flusso.

L'Improvvisazione può essere insegnata fornendo alle persone una cortina fumogena fatta di tecniche "che funzionano", di idee geniali, di Performance da applausi dietro le quali nascondere le proprie insicurezze. È un po' come il dare una mano d'intonaco a un muro che dovrebbe invece essere risanato, se le mani d'intonaco vengono date con  una certa frequenza, ci si può illudere che le cose vadano bene così, anche se chi passa vede le chiazze d'umidità che riaffiorano.

Oppure quella stessa improvvisazione la si può trasmettere andando a rimuovere quelle insicurezze, senza bisogno di mascherarle. Ma per rimuoverle non basta dire "Mi raccomando, sii sicuro". Bisogna intervenire con attenzione, premiando i comportamenti virtuosi e correggendo quelli che bloccano il naturale flusso della spontaneità. E una delle vie più efficaci per rimuovere i blocchi è quella di intervenire sulle manifestazioni di tali blocchi, sulla fisicità dell'allievo. Dire "respira" a un allievo non genera un doppio legame come dirgli "sii spontaneo", ma raggiunge lo scopo che l'insegnante si era prefissato.

Per chi fosse interessato ad approfondire questo aspetto, trovo interessante ciò che Peter Nordstrand ha scritto nel capitolo da lui scritto nel libro The Art Of Making Mistakes.

Traendo spunto dall'Improvvisazione e di come si comportano i partecipanti di un workshop di fronte al rischio di fare un errore durante i vari esercizi, Peter identifica tre meccanismi difensivi:

  • Azioni di censura. Cose come abbassare lo sguardo, coprirsi la bocca, chiedere scusa.
  • Azioni che abbassano le aspettative degli spettatori. Cose come dire "Scusate non sono bravo" oppure "Non so se sono capace" o gesti che abbassino il proprio status prima di fare un esercizio.
  • Ridere. Unica azione di fonte a un Errore da lui accettata - posizione che condivido - perché un'atmosfera giocosa durante le lezioni permette alle persone di prendersi dei rischi.
Quindi, durante i vari esercizi, questi sono i comportamenti sui quali dice che è bene porre attenzione:
  • Coprire il viso o il corpo.
  • Arretrare e uscire dal cerchio.
  • Accigliarsi, fare smorfie, sospirare o comunque mostrarsi costernati quando si sbaglia.
  • Parlare, commentare, "spiegare perché".
  • Ridere va bene, ma ricordando agli allievi di restare focalizzati sul compito.
  • Irrigidirsi. Tendere tutto il proprio corpo. Serrare le mascelle. Rilassatevi ragazzi. E divertitevi.
In presenza di questi atteggiamenti il suo comando è sempre lo stesso, quello che ha dato a inizio lezione - scrive - prima di disporli in cerchio:

"Braccia lungo i fianchi. Non abbassate lo sguardo. Respirate. Distribuite il peso su tutti e due i piedi."

Il resto viene da sé.

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