La questione dell'Emancipazione di cui ho parlato nell'ultimo post, mi avvicina a un discorso spinoso: il rapporto tra l'Improvvisazione e la Politica.
In questo e nei prossimi post cercherò di spiegare qual è il mio pensiero al riguardo, cosa si sta facendo e cosa si potrebbe fare e cosa sarebbe meglio evitare.
Questo è un argomento vastissimo, che ha un sacco di sfaccettature e rispetto al quale ognuno ha un'esperienza diversa. Quindi per trattare la questione suddividerò il rapporto tra Improvvisazione e Politica in tre parti.
- spettacoli d'improvvisazione politici.
- l'uso politico dell'improvvisazione.
- l'impatto politico che ha l'improvvisazione.
Questo caso riguarda un qualsiasi spettacolo di improvvisazione - o magari anche una semplice scena - che voglia mandare un messaggio preciso, magari prendendo un tema politico specifico ed esplorandolo attraverso l'improvvisazione. Per fare un esempio, come si fanno spettacoli che hanno come tema l'Amore, l'Amicizia e il Viaggiare possono fare spettacoli incentrati sul Nucleare, sui Migranti, sul Cambiamento Climatico.
Noto che in Italia siamo abbastanza restii a fare entrare tematiche politiche nelle nostre improvvisazioni. C'è una sorta di pudore o forse il timore di esporsi, non so, però mediamente le improvvisazioni a cui assisto sono quasi sempre politicamente corrette anche se talvolta possono prendere una piega di una volgarità allucinante.
Ricordo quando, qualche anno fa, vidi a Sirolo una lunga scena fatta da attori tedeschi che verteva tutta sul tema del dovere di ospitare dei rifugiati. Il giorno dopo chiesi se nei loro spettacoli, a Berlino, fosse frequente questo tema e loro, un po' perplessi, mi risposero che certamente!
Era quello che stava accadendo attorno a loro, come sarebbe stato possibile tenere tutto ciò fuori dall'improvvisazione?
Invece normalmente quello a cui assisto nell'improvvisazione italiana sono sempre situazioni "controllate": c'è una sorta di barriera che, per esempio, ci impedisce di pensare di iniziare una scena in hot-spot per rifugiati o di pensare che i due personaggi in scena possano essere un bracciante e un caporale.
Non dico che siamo costretti a farlo, dico che quegli attori tedeschi, a Sirolo, avevano sicuramente un'opinione diversa dalla nostra su quali argomenti tenere fuori dalle scene e quali trattare.
Forse in Italia i nostri spettacoli sono politici proprio perché tendiamo a non discutere di certi argomenti.
Forse non lo facciamo perché non ci sentiamo all'altezza di commentare certe situazioni, o forse perché pensiamo che si tratti di satira e che non sia possibile improvvisare della buona satira.
O forse perché sentiamo che certe situazioni sono così cariche di tragedie e dolore che preferiamo non avvicinarci per timore di offendere.
All'inizio avevano cercato di tenere fuori dalla scena quello che era appena successo, di ignorarlo, di fare ridere gli spettatori perché non pensassero alla tragedia appena avvenuta e si distraessero. Ma poi, man mano che lo spettacolo andava avanti, la realtà entrò sempre più prepotentemente in ciò che stavano facendo e la serata si concluse, con il suo Maestro proclamato che esibiva tra le lacrime la "banconota- trofeo" mentre tutti - attori, staff e pubblico - piangevano.
Questo post mi colpì molto e mi fece capire che la rimozione di certi argomenti non è risolutiva. Non è che se noi facciamo finta che non esistano determinati problemi quelli si risolvono: forse dovremmo correre qualche rischio in più ed onorare quelle storie, consapevoli che si può ridere di tutto ma non con tutti. E che magari gli spettatori hanno bisogno di vedere certi argomenti portati in scena. Sicuramente non solo quelli, ma anche quelli.
Bisogna dire che gli spettacoli apertamente schierati hanno due enormi limiti:
1 - Noi facciamo Improvvisazione, non Agit-Prop.
Il nostro compito è stare nel presente e fare reagire autenticamente i nostri personaggi a ciò che accade loro attorno, non è quello di promuovere un ideale o un partito. Chiaramente ciascuno di noi porta in scena quello che è, le proprie convinzioni e le proprie passioni, ma un conto è portare se stessi altra cosa è fare un comizio politico. Che poi magari gli spettatori erano venuti per distrarsi...
Se si sta nel momento, allora non c'è spazio nella mente per la propaganda, per i comizi. Pensare al comizio mentre si improvvisa è un po' come preoccuparsi del Viaggio Dell'Eroe: ci tiene lontani dallo stare nel momento.
2 - Se vuoi mandare un messaggio scrivi una lettera.
Poche cose mi annoiano come le storie che vogliono mandarmi un messaggio a tutti costi.
Chi viene a vedere l'improvvisazione viene a vederci prendere dei rischi, come ho spiegato qui, non a sorbirsi una lezione non richiesta sulla tutela della foresta pluviale o sulle nozze gay. Se tali tematiche escono spontaneamente, benissimo, esploratele, ma non forzatele perché volete "mandare un messaggio".
David Mamet, nel suo libro I Tre Usi Del Coltello, tuona contro il Dramma a tesi, che definisce meravigliosamente come "il melodramma depurato dell'elemento invenzione".
Noi improvvisatori purtroppo di drammi a tesi ne facciamo un sacco anche quando non vogliamo fare spettacoli politici.
Infatti, sempre secondo Mamet, il dramma a tesi parte da un quesito, tipo "Come si risolve il problema dei maltrattamenti famigliari?" dando allo spettatore la possibilità di vagliare le diverse opzioni per poi far prendere al protagonista la scelta giusta e offrire così allo spettatore la gratificazione di poter dire "L'avevo detto io! Lo sapevo che anche gli omosessuali, i neri, gli ebrei, le donne erano persone. E guarda un po', le mie intuizioni si sono rivelate esatte."
Insomma, sempre secondo Mamet, "Mentre il melodramma offre un po' di angoscia in assenza di pericolo reale, il dramma a tesi offre indignazione."
Quindi alla luce di questi due limiti, come si può usare l'improvvisazione per fare uno spettacolo politico, però rimanendo nel momento, evitando il dramma a tesi ed essendo consapevoli che "Il dramma non ha bisogno di influenzare il comportamento della gente. Esiste uno strumento fantastico e molto, molto efficiente, che fa cambiare atteggiamento alle persone e gli fa vedere il mondo in una maniera nuova. Si chiama pistola." (sempre Mamet)?
Nessun commento:
Posta un commento