giovedì 20 agosto 2020

Il Bravo Improvvisatore™

 


Dopo tutte le riflessioni fatte finora, è chiaro che non sia possibile affermare "l'improvvisazione teatrale è questo e va fatta così", ma che, essendo un Gioco, ciascuno è libero di giocare come meglio gli aggrada, fino a quando trova persone a cui piaccia giocare con lui e spettatori disposti ad andarlo a vedere.

Se accettiamo questa visione ne consegue che il mondo dell'improvvisazione è organizzato in differenti comunità, più o meno grandi, formati al loro interno da persone unite dalla stessa maniera di giocare a "facciamo che io ero" e ciò che accomuna questi gruppi sono i (pochi) principi condivisi che rendono migliore questa esperienza. Per esempio, si può improvvisare anche dicendo No ad ogni proposta, il Codice Civile non lo vieta, ma ci si diverte di più con Sì E...

A questo punto la sfida è quella di definire cosa faccia di un improvvisatore un "bravo improvvisatore".

Le opinioni su cosa renda un improvvisatore "bravo" sono essenzialmente riconducibili a due macrocategorie: quello che riesce al meglio in quella che la sua comunità di riferimento considera "buona improvvisazione" e quello che riesce a passare con disinvoltura da una di queste comunità all'altra pur non eccellendo in all'interno di nessuna.

Dovendo scegliere, personalmente propendo per la seconda categoria. Penso che per passare con disinvoltura da un ambiente all'altro sia necessario avere interiorizzato i principi comuni a tutti gli improvvisatori ed essere in grado di modularli a seconda delle persone con cui si ha a che fare. Bisogna essere in grado di adattarsi ai nuovi ambienti, ai differenti stili e fare splendere i propri compagni. In altri termini essere capaci di applicare al meglio il Sì E...

Questo tipo di improvvisatore può a prima vista non brillare particolarmente oppure può sembrare che non abbia fatto nulla di "speciale": ci ha divertito, ma non gli abbiamo visto fare nulla di particolare. In realtà la sua dote è la versatilità.

Una delle regole empiriche per riconosce questo tipo di improvvisatore è data dal fatto che vi improvvisare con loro è un piacere.

Non è che con loro di fianco fate bella figura, no: vi divertite proprio! Magari non li avevate mai visti fino a pochi minuti prima, ma in scena con loro vi siete sentiti a vostro agio e avete dato il meglio nello spettacolo.


Il dilemma a questo punto è: come ci si forma per diventare un Bravo Improvvisatore?

Partiamo dalle basi.

Secondo William Perry il rapporto del discente con la materia segue quattro fasi:

  1. Dualismo: le cose sono giuste o sbagliate, corrette o false, senza ambiguità o sfumature. La conoscenza è qualcosa di assoluto, trasmessa loro da un'autorità.
  2. Molteplicità: il discente realizza che le cose non sono così semplici. La conoscenza della materia diventa questione di opinioni e chiunque può avere il proprio punto di vista sull'argomento. Quella del docente diventa una tra le verità possibili. L'allievo a questo punto è più aperto alle opinioni diverse da quella che lui riteneva "corretta" e comincia a diventare "proprietario" del proprio apprendimento.
  3. Relativismo: non tutte le opinioni sono uguali e la conoscenza passa dall'essere una questione quantitativa a diventare una qualitativa. Non è più questione di quante cose trasmette un docente, ma la qualità delle stesse. Il docente diventa, a questo punto, un facilitatore, una guida. Questa è anche una fase frustrante perché gli allievi toccano con mano quanto ogni teoria sia imperfetta, incompleta.
  4. Impegno: i discenti capiscono che devono sposare una visione sulla quale basare le proprie conoscenze e poi perfezionarla. Da un certo punto di vista è un ritorno alla fase del dualismo, ma la scelta in questo caso è ragionata e non dogmatica.

Il momento critico per gli improvvisatori sta nel passaggio dalla fase della Relatività a quella dell'Impegno. Capita troppo facilmente che quella della Relatività diventi una palude dove rifugiarsi per evitare di assumersi la responsabilità che sposare una visione comporta. La maggior parte degli Amatori sono intrappolati in questa fase: l'impressione è quella di non essere mai pronti a sufficienza, di annegare nel mare magnum dell'improvvisazione. Si esce dalle scuole di improvvisazione con un bagaglio triennale, ma si fa fatica a fare lo scatto successivo, quello del cominciare a metterlo in pratica. Si passa così di docente in docente solo per prendere tempo oppure ci si "innamora" di un insegnante di ciò che insegna, della sua visione e questo smette di essere un modello di come rapportarsi ai contenuti per diventare una sorta di guru da seguire in maniera acritica sancendo di fatto un ritorno alla fase del dualismo.

Gli insegnanti dovrebbero prestare attenzione a questa deriva, che è dannosa per tutti. Purtroppo quando parliamo di docenti di improvvisazione parliamo di attori e gli attori sono esibizionisti per definizione. Quindi sono sensibili e vulnerabili ad allievi che pendono dalle loro labbra o che attendono trepidanti le loro performance. Talvolta mi è capitato - e mi capita ancora - di vedere docenti avere attorno a sé vere e proprie corti. Alcuni di questi docenti non facevano nulla di particolare per averle, ma il loro carisma era talmente forte che si creavano spontaneamente, altri invece le creavano e se le coltivavano scientemente, perché solleticavano il proprio ego.


Sempre alla luce delle quattro fasi indicate, partecipare a festival e raduni è essenziale per confrontarsi con insegnamenti, visioni e realtà differenti dalla propria. Ma quando ci si confronta col nuovo, bisogna prestare attenzione. 

Da un lato bisogna evitare di restare abbagliati dalle novità, di pensare che tutto ciò che si è appena appreso sia assolutamente meglio di quello che era considerato valido fino a quel momento perché insegnato nella propria scuola. 

Il Culto della Novità è una delle piaghe dell'improvvisazione italiana e fa sì che insegnanti e concetti diventino popolari in maniera acritica solo perché nuovi, senza che nessuno si fermi a riflettere sui contenuti di queste novità.

Dall'altro lato bisogna evitare di essere refrattari alle novità, alle innovazioni che vengono insegnate e che, apparentemente, entrano in contraddizione con le proprie certezze. Questo capita spesso agli allievi più inesperti, quelli ancora nella fase del Dualismo: un insegnamento che contraddice quanto detto dai propri insegnanti può venire rifiutato a priori, perché ci si appiglia a quelle poche certezze che si hanno. Però questa refrattarietà può capitare anche con improvvisatori più esperti, che magari tendono a identificarsi con la propria performance. Per costoro mettere in discussione ciò che è la propria visione dell'improvvisazione equivale a mettere in discussione ciò che sono come persone, quindi rifiutano a priori ogni novità che non si trasformi in una loro miglior performance.

Al crescere dell'esperienza, bisognerebbe cercare di apprendere sempre di più dagli insegnanti che stanno in Periferia e meno da quelli che sono nel Centro. Al Centro ci sta ciò che è mainstream, lo standard di riferimento, quello che tutti cercano; è in Periferia che sta il fermento, la novità, l'innovazione, quindi è qui che ci si apre la mente. Fosse solo per dire che non si condivide ciò che sostiene quell'insegnante.  Attenzione: non sto dicendo di snobbare gli insegnanti più conosciuti o esperti, sto dicendo di non limitarsi a questi. Se invece il vostro obbiettivo è quello di diventare "bravo" per quelli che sono gli standard di riferimento della vostra comunità, allora andate dagli insegnanti del Centro, perché sono loro quelli che hanno settato quegli standard, quindi perché accontentarsi dei surrogati quando ci si può abbeverare direttamente alla fonte?

Però non si può scaricare tutta la responsabilità dell'essere più o meno "bravi" sulle spalle degli allievi. Prima di accusarli di essere refrattari bisognerebbe attivarsi per ridurre il più possibile gli ostacoli che impediscono agli allievi di realizzarsi pienamente, poi, una volta accertato che è stato fatto il possibile per creare le condizioni ottimali per favorire la loro apertura mentale e la capacità di assumersi delle responsabilità, solo allora si potrà puntare il dito contro di loro.

A mio parere ci sono due questioni urgenti aperte che vanno affrontate al più presto.

La prima riguarda la capacità di essere un bravo insegnante di improvvisazione, capace di trasmettere la sua visione delle cose senza catechizzare, al fine di lasciare agli allievi la dovuta apertura mentale.

La seconda, legata indirettamente alla prima, riguarda l'abilità dell'insegnante di intervenire su quella folla di Amatori piantata nella fase del Relativismo. Questi Amatori rappresentano un enorme potenziale inespresso nel mondo dell'improvvisazione italiana. Se vogliamo far crescere il nostro mondo, dobbiamo trovare la maniera di liberare quelle energie.


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